Scompare la possibilità, già contestata dai giudici, di predisporre elenchi dai quali attingere per le nomine. La legge 114/2014, di conversione del Dl 90 sulla Pa, interviene superando le normative regionali contrastanti o comunque non in linea con i suoi principi in tema di nomina a dirigente degli esterni nelle Regioni. La norma accoglie l’interpretazione già sostenuta dalla giurisprudenza maggioritaria e introduce l’obbligo di una selezione pubblica volta ad accertare il possesso di una comprovata esperienza pluriennale e una specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico, con l’evidente necessità di predisporre avvisi per singole posizioni dirigenziali, anche di livello generale. Una norma che si riferisce a dirigenti e funzioni dirigenziali di ogni livello, ivi comprese quelle degli enti strumentali e che potrebbe quindi interessare anche i Dg delle Asl.
Già per la giurisprudenza, in applicazione dei canoni fissati dall’articolo 97 Costituzione, erano necessarie regole procedimentali atte a garantire le condizioni di un trasparente e imparziale esercizio dell’attività amministrativa, e finalizzate alla scelta del soggetto più adatto all’incarico da individuarsi previa esplicita motivazione riguardo ai citati requisiti, seppur in assenza di un obbligo comparativo fra i diversi aspiranti.
Viene meno la possibilità di predisporre elenchi dai quali attingere per le nomine dirigenziali, fattispecie in verità già dubbia alla luce della formulazione dell’articolo 19 del Dlgs 165/2001 che trova piena applicazione alle Regioni, come anche confermato dallo stesso legislatore che espressamente lo richiama nell’articolo 10, comma 3, della legge 114/2014, per come già fissato dalla Corte Costituzionale con la decisione 340/2010.
Con la nuova norma è infine possibile dare una lettura diversa del principio affermato dalla giurisprudenza, secondo la quale il solo esame dei curricula del personale dirigenziale interno in possesso dei titoli di base si rivela insufficiente a concretizzate le garanzie che l’ordinamento impone al fine di consentire una scelta dei soggetti esterni.
È trasfuso in norme, infatti, il principio giurisprudenziale secondo il quale solo nella fase di valutazione delle competenze e professionalità in capo ai soggetti interessati, quindi a valle della selezione pubblica, l’amministrazione è posta nella possibilità di valutare e individuare un esterno in luogo di un dirigente di ruolo, motivandone adeguatamente la scelta non solo in ordine agli obiettivi ma anche in relazione alle caratteristiche dei soggetti richiedenti.
La disposizione, infine, stabilisce nel massimo del 10% la percentuale di esterni puri acquisibili in base all’articolo 19, comma 6 del Dlgs 165/2001, confermando due importanti aspetti: la percentuale è al netto di quella inerente i dirigenti di altre Pa (comma 5-bis dell’articolo 19) per l’attivazione della quale, inoltre, non necessita alcuna dimostrazione di carenza interna: il comma in questione da nessuna parte impone la “preferenza” agli interni, stante la considerazione che lo spirito della norma in questione non è l’acquisizione di risorse e conoscenze esterne alla Pa (si tratta di dirigenti comunque di ruolo, assunti con concorso pubblico) ma quello di consentire un adeguato scambio di esperienze tra amministrazioni diverse, principio peraltro fatto proprio dal recente disegno di legge sulla Pa.
Va segnalato, infine, come per espressa disposizione del legislatore la norma si riferisce agli incarichi della medesima natura e soprattutto ad ogni disposizione normativa, anche di settore, assorbendo, quindi, le nomine dei dirigenti e delle funzioni dirigenziali di ogni livello, ivi comprese le nomine di coloro i quali svolgano funzioni di direzione degli enti strumentali, sollevando il dubbio che la stessa possa trovare applicazione anche agli incarichi di dirigente generale delle Asl, espressamente richiamate dal legislatore nazionale.
Il Sole 24 Ore – 8 settembre 2014