Il governo decide di blindare il decreto lavoro e alla Camera ricorre nuovamente alla questione di fiducia. L’annuncio è arrivato ieri pomeriggio dal ministro per i Rapporti con il parlamento, Maria Elena Boschi, intervenuta in Aula a Montecitorio al termine della discussione generale sul provvedimento. Sul dl erano piovuti oltre 200 emendamenti.
La capigruppo ha stabilito che il voto sulla fiducia avrà inizio oggi nel tardo pomeriggio. Mentre il varo definitivo del decreto arriverà, probabilmente, domani. La strada dell’urgenza decisa dall’esecutivo è stata criticata dalle opposizioni (Fi, Lega Nord e M5S). Ma per il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi (Ncd), è fondamentale una «tempestiva conclusione dell’esame parlamentare del testo per mettere a disposizione dei datori di lavoro norme più semplici e certe». Il decreto che si accinge a diventare legge (il dl va convertito entro il 19 maggio) è quello uscito dal Senato, dopo le correzioni su contratti a termine e apprendistato apportate d’intesa con i partiti di maggioranza. Per il ministro Giuliano Poletti si è arrivati «a una buona soluzione» e ora agli imprenditori «potremmo dire di assumere senza preoccupazioni perchè ci saranno meno problemi di interpretazione».
L’obiettivo, ha spiegato il relatore ed economista del lavoro, Carlo Dell’Aringa (Pd), è quello di «agganciare la futura ripresa economica sperando che possa anche trasformarsi in un allentamento delle pressioni che gravano sul mondo del lavoro». Del resto le nuove regole saranno oggetto di monitoraggio dopo 12 mesi e se non funzioneranno il governo non ha escluso un nuovo intervento per rimetterci mano.
Sul fronte dei contratti a termine la misura più rilevante è l’allungamento dell’acausalità da 12 a 36 mesi, comprensivi di un massimo di cinque proroghe (nel testo originario si saliva a otto). Restrittiva è invece l’introduzione di un “tetto” del 20% all’utilizzo dei rapporti a tempo. Il superamento di tale limite comporta una sanzione pecuniaria che oscilla dal 20% al 50% della retribuzione (non c’è più l’obbligo di stabilizzazione). Per i datori che occupano fino a cinque dipendenti è comunque sempre possibile stipulare un contratto a termine. Il limite del 20% non si applica nel settore della ricerca.
Sull’apprendistato la quota di stabilizzazione del 20% di apprendisti (per poterne assumere di nuovi) viene circoscritta alle sole aziende con oltre 50 addetti (prima il riferimento era a 30 addetti). E viene ripristanto l’apprendistato stagionale. Per il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), è importante anche la norma sui contratti di solidarietà (si porta al 35% la riduzione della contribuzione previdenziale e assistenziale): «Si tratta – spiega – di un miglioramento che può agevolare l’utilizzo di questo strumento». Per Confprofessioni infine sono positivi gli interventi sui contratti a termine. Ma sull’apprendistato c’è ancora «troppa burocrazia che complicherà la vita ai datori di lavoro-professionisti».
Il Sole 24 Ore – 13 maggio 2014