Federico Genta. «E’ tutta colpa di quel topolino. Voleva prenderlo a tutti i costi. Quando l’hanno fermato è come impazzito». Luigi Bove non si dà pace. Ha appena visto il figlio e un amico lasciare la casa a bordo delle ambulanze.
Tutti e due i ragazzi sono stati aggrediti dal cane di famiglia. E’ un dogo argentino dal pelo bianco. Un bestione da 70 chili, che tutti, vicini compresi, descrivono come un animale tranquillo e molto silenzioso. «E’ con noi da sette anni. Fino ad ora non aveva dato problemi. Non si era mai mostrato aggressivo».
Tutto in un attimo
Davide Bove, 23 anni, è stato trasportato al Cto. Ha una ferita all’altezza dell’addome. Alessandro Cattarello, ventiquattrenne, è più grave. Ha riportato lacerazioni al volto, alle mani e a una gamba. I denti del cane sono arrivati fino ai muscoli. E’ stato ricoverato al Giovanni Bosco. Non è in pericolo di vita ma la prognosi resta riservata. In base a quanto sono riusciti a raccontare ai medici, la loro colpa è solo quella di aver salvato un topo. Che si era affacciato sul cortile al fondo di strada dei Biasioni, tra le palazzine popolari di Lungostura Lazio. Il dogo ha cercato più volte di afferrarlo. Di strapparlo dalle mani dei ragazzi. Non c’è riuscito e si è accanito su di loro.
I soccorsi
Le urla hanno richiamato l’attenzione dei vicini. Qualcuno ha aiutato la madre di Davide a chiudere in casa l’animale, letteralmente fuori controllo, prima che potesse raggiungere la strada. Poi sono arrivate le ambulanze e le macchine della polizia. Ma aprire la porta era impossibile. Dopo più di un’ora gli operatori dell’Enpa sono riusciti ad aprirsi un varco da una finestra sul retro. Affacciandosi da una scala hanno lanciato all’interno alcuni bocconi farciti di tranquillanti. Il cane, dopo una manciata di minuti, si è calmato. Ancora sveglio, è stato caricato in una gabbia e trasferito al canile comunale di via Germagnano.
La paura
Mentre i feriti venivano medicati nelle ambulanze, anche la madre di Davide si è sentita male. Si è accasciata a terra, subito circondata dai medici del 118 e della Croce Rossa. Continuava a guardare il figlio, seduto poco distante. Quasi a non credere che se la potesse essere cavata con una ferita lieve. Il padre, arrivato pochi minuti dopo l’incidente, ha fatto strada agli agenti verso l’abitazione. «Lui è là dentro. Per quel che mi riguarda, potete pure ammazzarlo».
Le sirene in poco tempo hanno richiamato mezzo quartiere. Tra chi dice di non aver mai notato quel cane, a chi assicura di averlo sempre visto tranquillo, perfino silenzioso e giocherellone a dispetto della mole imponente. Qualcuno, osservando da lontano la sua sagoma bianca dietro le sbarre del furgone, sussurra: «Certo che tenersi in casa una bestia così. Alla fine può e ssere pericoloso per sé e per gli altri».
La Stampa – 25 aprile 2014