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Eliminabile in corso di giudizio vizio nel provvedimento della Pa

La Pubblica amministrazione anche in pendenza di giudizio può eliminare il vizio di cui è inficiato il provvedimento. Lo ha affermato il Consiglio di stato con la sentenza n. 5538/11, dissipando ogni dubbio derivante dal disposto dell’art. 6 della legge 18 marzo 1968 n. 249 che prevede «alla convalida degli atti viziati di incompetenza può provvedersi anche in pendenza di gravame in sede amministrativa e giurisdizionale.

Sulla base di questa disposizione infatti la giurisprudenza anteriore all’introduzione nel nostro ordinamento dell’art. 21-nonies della legge 241/90 («E fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole») riconosceva la possibilità di convalida in corso di giudizio solo quando il provvedimento era viziato da incompetenza (Cons. di stato, sez. IV 12 ottobre 2000 n. 5322, IV sez. 14 dicembre 2004 n. 4941). Dopo questa introduzione sussistevano ancora perplessità in dottrina e giurisprudenza, perplessità adesso fugate dal pronunciamento dei giudici di Palazzo Spada. «La convalida», esordisce il Collegio, «sotto un profilo spiccatamente dottrinario, è figura del sistema amministrativo facente parte del più ampio fenomeno dell’autotutela, potere in virtù del quale la p.a. ha la facoltà di sanare i propri atti da vizi di legittimità, in applicazione, come evidenziato dalla giurisprudenza (Consiglio di stato. sez. IV 9/7/2010 n. 4460), del principio di economia dei mezzi giuridici e di conservazione

degli atti». «Essa consiste», prosegue la sentenza, «in una manifestazione di volontà della pubblica amministrazione rivolta ad eliminare il vizio dell’atto (originariamente) invalido, in genere per vizi formali o di procedura o per incompetenza». «L’ammissibilità della convalida di un etto nelle more del giudizio.., puntualizzano i giudici di Palazzo Spada, «è da ritetersi ormai fuor di dubbio alla luce della novella recata dall’art. 21-nonies della (legge n. 241/90, norma che ha previsto } la possibilità, in generale, di convalida dell’atto per ragioni di pubblico interesse ed entro un ragionevole lasso

temporale senza che il legislatore abbia previsto come causa preclusiva la pendenza di un giudizio». «Nella specie, allora», conclude il Collegio, «si è in presenza di un provvedimento nuovo, ma che si collega all’atto convalidato al fine di mantenerne fermi gli effetti fin dal momento in cui questo venne emanato (efficacia ex tunc), con il preciso scopo di operare una sanatoria dell’atto viziato nel momento storico di avvenuta instaurazione della controversia giudiziaria, senza che in ciò possa rinvenirsi una qualsiasi volontà di riesercizio di un’attività discrezionale e/o di amministrazione attiva esercitata per la prima volta».

ItaliaOggi – 10 agosto 2012

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