Embrioni alla ricerca, resta il divieto. La Consulta: inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata contro la legge sulla fecondazione
Alla fine i giudici costituzionali sono stati “quasi” tutti d’accordo — senza un futuro intervento del Parlamento resta il divieto di utilizzare per scopi scientifici gli embrioni non impiantati durante una fecondazione — ma la decisione è stata sofferta e c’è voluta una lunga discussione che ha impegnato un intero pomeriggio.
ATTO DI UMILTÀ
Proprio così, «un atto di umiltà » della Consulta verso il Parlamento. È questo il commento che si può cogliere quando la Corte chiude i lavori aperti al mattino con l’udienza pubblica in cui si sono confrontate le tesi contrapposte. Da un lato chi sostiene che gli embrioni — 3.862 quelli crioconservati secondo l’Istituto superiore della sanità — “devono” poter essere usati per la ricerca anziché finire estinti (gli avvocati Filomena Gallo e Gianni Baldini per conto della coppia che ha sollevato il caso a Firenze). Dall’altra l’Avvocatura dello Stato con Gabriella Palmieri che non si pronuncia sul fatto in sé, usare o non usare gli embrioni, ma chiede che non sia la Consulta a decidere, ma il legislatore, proprio in forza della complessità della questione. La Corte sposa questa seconda tesi.
INTERESSI BILANCIATI
Sul tavolo della Consulta c’era un caso difficile. Dopo tre interventi “pesanti” sulla legge 40 del 2004 che disciplina la fecondazione in Italia questo sarebbe stato il quarto. Ma la Corte ha fatto un passo di lato. «Inammissibili» entrambe le richieste fatte dal tribunale di Firenze che il 7 dicembre 2012 aveva eccepito due questioni, la possibilità di fare ricerca sugli embrioni non utilizzati e la chance, oggi proibita dalla legge 40, di negare il consenso all’impianto dell’embrione in corner, quando ormai l’ovulo è stato fecondato e attende solo di essere impiantato.
PRIMATO DELLA POLITICA
Il relatore Rosario Morelli, ex giudice della Cassazione, ha esposto il caso e proposto la sua conclusione, non intervenire ancora sulla legge. Qui si è aperto il dibattito tra le alte toghe, tra chi era d’accordo con Morelli e chi invece vedeva uno spiraglio possibile per la ricerca. Ma dire sì alla richiesta di Firenze, dietro cui c’è una coppia che aveva chiesto di donare i suoi embrioni alla scienza e alla sperimentazione, cosa può comportare? Qui sta il punto su cui i giudici hanno molto discusso, perché bocciare l’articolo 13 della legge 40 (che stabilisce il no alla ricerca) può significare, ha spiegato chi era contrario, aprire un immediato vuoto legislativo e provocare una serie di interrogativi, su quali embrioni si possano usare, se tutti o alcuni, se sia necessario il consenso di chi li ha prodotti, se qualsiasi ricerca possa essere autorizzata. Una gamma di ipotesi che la Corte non avrebbe potuto colmare da sola. È quello che, in una nota a chiusura dei lavori, i giudici definiscono «il bilanciamento operato dal legislatore tra dignità dell’embrione ed esigenze della ricerca scientifica». Per dirla in modo semplice, questa volta la Consulta, dopo tanti passi “in avanti” rispetto al Parlamento, ne ha fatto uno di lato lasciando la scelta alla politica. Un po’ com’è avvenuto per le adozioni un paio di settimane fa. Certo, avrebbe potuto stabilire un principio, incostituzionale il no alla ricerca, e costringere il governo a intervenire.
CATTANEO: CONTINUA L’IPOCRISIA
I fautori della ricerca non si danno per vinti. Ieri mattina alla Corte, tra il pubblico, c’era Elena Cattaneo, senatore a vita e direttore del centro di ricerca sulle cellule staminali di Milano, che alla fine parla «di un’occasione persa, mentre si perpetua un’ipocrisia ». Gli avvocati Gallo e Baldini già annunciano un nuovo ricorso nelle corti europee. Altrettanto farà l’Associazione Luca Coscioni che ha lanciato una petizione che corre verso le mille firme.
Repubblica – 23 marzo 2016