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Emergenza aviaria. Il consigliere Zanoni alla Giunta: «Cronica carenza di medici veterinari Ulss. E’ urgente che la Regione intervenga»

Quali azioni la Regione Veneto intende mettere in atto per incrementare il numero di medici veterinari in servizio nelle strutture delle Ulss? Questa è una delle richieste che il consigliere regionale Andrea Zanoni (Pd) rivolge alla Giunta regionale, in una lunga e articolata interrogazione sull’emergenza aviaria. “Da tempo il Sivemp del Veneto – scrive l’esponente dem – denuncia la cronica carenza di personale veterinario nei servizi delle Ulss: negli ultimi cinque anni il numero di veterinari nelle Ulss è diminuito di 47 unità a fronte di un costante aumento di situazioni di emergenza (aviaria, Blue tongue, West Nile ed altri virus)”. “Eppure il lavoro non manca”, osserva.
Zanoni sottolinea le conseguenze negative delle carenze degli organici sulle condizioni di lavoro dei pochi medici veterinari attualmente in servizio, in una Regione, peraltro, con un patrimonio zootecnico in vetta alle classifiche nazionali. “Servizi che comunque sono finora sempre stati garantiti con responsabilità dai medici veterinari delle Ulss”.

“Con la riduzione del numero dei veterinari nelle Ulss e con misure spuntate e poco efficaci per la prevenzione sarà sempre più difficile contrastare in maniera efficace l’epidemia di aviaria”. Ad affermarlo è Andrea Zanoni, Consigliere regionale del Partito Democratico che, tramite una nota, ha manifestato preoccupazione per i nuovi focolai presenti in Veneto. “A fine agosto – rammenta l’esponente democratico – ne sono stati rilevati due ad alta patogenicità, del sierotipo H5 a Cologna Veneta e Angiari, in provincia di Verona; negli ultimi giorni ne è stato scoperto un terzo a Sant’Urbano, in provincia di Padova. È però solo la punta dell’iceberg perché, secondo i dati dell’Istituto zooprofilattico sperimentale, siamo già a quota 17 focolai da inizio anno, con una spesa di oltre due milioni e seicentomila euro per l’indennizzo dei danni diretti. Il Veneto è leader italiano nella produzione di polli e tacchini, ma se questa situazione si protrae c’è il rischio concreto di mettere in ginocchio l’intero settore. È proprio di ieri la notizia che l’Autorità sulla sicurezza alimentare di Hong Kong (Cfs) ha annunciato il blocco dell’import di pollame e uova dalla provincia di Padova, dopo una notifica della World Organization for Animal Health sull’ennesimo focolaio”.

Non siamo però di fronte a un’emergenza improvvisa – puntualizza Zanoni – o a eventi calamitosi straordinari; servirebbero perciò idonee misure di prevenzione che diventino ‘standard’. E ciò si può fare attraverso una revisione della gestione tecnico-sanitaria del fenomeno e potenziando il numero dei veterinari in servizio nelle strutture del servizio sanitario regionale. Il Sivemp (Sindacato italiano veterinari di medicina pubblica) da tempo denuncia la carenza di personale, con un calo di 47 unità negli ultimi cinque anni. Eppure il lavoro non manca, tra aviaria, blue tongue, West Nile e altri virus; la Regione dovrebbe intervenire con urgenza, assumendo nuovi medici”.

“A fine agosto – ricorda in chiusura il consigliere dem – il ministero della Salute ha dato disposizioni per prorogare e integrare le misure di riduzione del rischio e per sensibilizzare i proprietari affinché attuino o rafforzino i provvedimenti di biosicurezza all’interno delle loro aziende, prevedendo restrizioni sull’uso dei richiami vivi nella caccia. A che punto siamo in Veneto?”.

Il testo dell’interrogazione

COREVE

CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO

DECIMA LEGISLATURA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA N. 495

CALO DELL’ORGANICO DEI MEDICI VETERINARI NELLE ULSS VENETE, EPIDEMIA DELL’AVIARIA, PREVENZIONE IN MATERIA DI AVIARIA E ATTIVITÀ VENATORIA. QUALI LE MISURE MESSE IN CAMPO DALLA REGIONE PER AFFRONTARE QUESTE PROBLEMATICHE?

presentata il 15 settembre 2017 dal Consigliere Zanoni

Premesso che:
– nel Veneto, regione con il maggior numero di allevamenti avicoli d’Italia, sono sempre più frequenti i casi di epidemia aviaria che colpiscono in particolare gli allevamenti di polli e tacchini. A fine agosto sono stati rilevati due focolai ad alta patogenicità, del sierotipo H5 nei Comuni veronesi di Cologna Veneta e Angiari e, in questi ultimi giorni, un focolaio nel Comune di Sant’Urbano in provincia di Padova;
– dai dati dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie emerge che nel corso del 2017 si sono già verificati in Veneto 17 focolai del virus dell’aviaria. Per i relativi danni diretti (indennizzo degli animali e spese operative connesse) sono stati sinora corrisposti 2.638.145,11 euro;
– da tempo le associazioni di categoria chiedono la revisione della normativa igienico-sanitaria, indennizzi anche indiretti per i periodi di “fermo” obbligatorio, aiuti per investire negli allevamenti e per sostenere le delocalizzazioni, misure di biosicurezza e nuove regole urbanistiche per gli stabilimenti della filiera avicola. Il direttore regionale della Coldiretti ha ricordato che: “Ogni anno gli avicoltori veneti perdono milioni di euro per focolai che si accendono sul territorio: l’aviaria non è più un imprevisto, occorre un minimo di programmazione nella gestione del settore oltre che una previsione anche in fase di bilancio” e inoltre ha sottolineato che l’avicoltura veneta è un settore all’avanguardia “viste le numerose strutture altamente tecnologiche e sostenibili dal punto di vista dell’ecosistema” (…). “Si attivino i fondi necessari perché il perdurare di questa situazione rischia di mettere in ginocchio un comparto di punta già provato”;
– gli assessori regionali all’Agricoltura e alla Salute hanno affermato che: “Il Veneto è leader in Italia nella produzione di polli e tacchini e, purtroppo, quindici anni di focolai di influenza aviaria rischiano di mettere in crisi il potenziale produttivo e occupazionale dell’intera filiera. Siamo già al lavoro per individuare una specifica misura nel Programma di sviluppo rurale che renda disponibili fondi comunitari per le imprese avicole che investono in biosicurezza e in nuove tecniche di allevamento. Il budget ipotizzabile per questo tipo di misura ammonta a 5 milioni di euro”;
– le epidemie di aviaria non dovrebbero essere affrontate al pari di eventi calamitosi straordinari ma con idonee misure di prevenzione da realizzare attraverso una revisione della gestione tecnico sanitaria del fenomeno e un potenziamento di medici veterinari nelle competenti strutture del servizio sanitario regionale;
– da tempo il SIVEMP del Veneto denuncia la cronica carenza nelle strutture veterinarie delle Aziende Ulss di personale veterinario: negli ultimi cinque anni il numero di veterinari è diminuito di 47 unità a fronte di un costante aumento di situazioni di emergenza (aviaria, blue tongue, West Nile ed altri virus). Inoltre ne sottolinea le conseguenze negative sulla qualità dei servizi e sulle condizioni di lavoro dei pochi medici veterinari attualmente in servizio in una regione con un patrimonio zootecnico in vetta alle classifiche nazionali. Servizi che comunque sono finora sempre stati garantiti con responsabilità dai medici veterinari delle Ulss.
Considerato che:
– in un articolo pubblicato il 19 agosto 2017 dal quotidiano “La Repubblica” il responsabile del Centro di Referenza nazionale per l’Aviaria ha spiegato che il virus dell’aviaria viene trasportato dagli uccelli selvatici, anche quelli migratori provenienti dal Nord Europa. Inoltre ha precisato che: “(…) è la prima volta che dal nord Europa arriva un virus dell’influenza aviaria così potente, che per di più colpisce fuori stagione. Galline ovaiole, tacchini e oche da carne: sono circa un milione gli animali abbattuti fino ad ora in una ventina di allevamenti di Veneto, Lombardia e, in un caso solo, Emilia. L’H5N8 non lascia scampo. In un grosso allevamento, ha ucciso il 90% dei volatili in 24 ore, altrove è andato un po’ più piano ma comunque nel giro di una settimana è stato in grado di contagiare alcune centinaia di migliaia di galline costringendo i veterinari ad una serie di abbattimenti. Si tratta di un problema sanitario grave ma che non riguarda gli uomini, visto che quel tipo di virus aviario non risulta capace di passare alla nostra specie. Di solito la malattia è solo invernale, questa volta ha colpito anche nei mesi caldi”;
– il 31 agosto 2017 la Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della Salute ha prorogato e integrato le misure di riduzione del rischio e i sistemi di individuazione precoce dei rischi di introduzione, attraverso i volatili selvatici, dell’influenza aviaria ad alta patogenicità nelle aziende, nonché le misure volte a sensibilizzare i proprietari a tali rischi e alla necessità di attuare o rafforzare le misure di biosicurezza nelle loro aziende.
Tenuto conto che:
– anche il contatto, la detenzione, il trasporto e lo smaltimento della fauna selvatica abbattuta durante l’esercizio della caccia può potenzialmente favorire la propagazione del virus dell’aviaria. Infatti: è sufficiente che parti biologiche di un selvatico infetto finiscano in prossimità di uno dei numerosi allevamenti presenti nel territorio veneto. Per questo appare necessario adottare misure precauzionali di carattere igienico-sanitarie anche nelle operazioni di caccia visto che in parte sono già previste per quanto riguarda l’uso dei richiami vivi nella caccia all’avifauna acquatica;
– il Veneto è una regione notoriamente interessata da importanti migrazioni di avifauna in transito e svernamento soprattutto nel periodo autunno invernale.
Tutto ciò premesso il sottoscritto consigliere regionale

interroga la Giunta regionale
per sapere:
1) quali misure, ad oggi, sono state adottate per prevenire la diffusione del virus dell’aviaria a livello regionale oltre quelle indicate dal ministero competente;
2) quali azioni intende mettere in atto per aumentare il numero dei medici veterinari nelle aziende Ulss al fine di affrontare adeguatamente le problematiche igienico-sanitarie relative al virus dell’aviaria e ad altri agenti patogeni, nella regione con il maggior numero di allevamenti avicoli d’Italia;
3) se non ritenga opportuno rivedere le procedure di autorizzazione per l’apertura e la gestione di allevamenti avicoli aumentando e rendendo più severe le prescrizioni di sicurezza e prevenzione;
4) quali misure sono state adottate a livello regionale in relazione alle suindicate disposizioni ministeriali del 31 agosto 2017;
5) quali fattori di rischio possono essere ravvisati nelle operazioni relative all’attività venatoria (contatto, detenzione, trasporto e smaltimento di selvatici o loro parti potenzialmente infettati dal virus);
6) quali misure precauzionali di carattere igienico-sanitarie intende adottare nell’ambito delle attività di caccia oltre a quelle previste dai ministeri competenti.

Ufficio Stampa Sivemp Veneto – 19 settembre 2017

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