Il crollo del mercato immobiliare pesa sulle dismissioni delle case degli enti previdenziali. È sempre più difficile vendere, l’andamento delle dismissioni è «stentato» e il rischio, in alcuni casi, è di vere e proprie «svendite» per un patrimonio spesso di pregio.
E’ stata la Corte dei Conti a lanciare l’allarme sulle prossime dismissioni e sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, pubblici e privati, è stato fatto ieri in un’audizione in Parlamento. Dopo le operazioni di cartolarizzazione, e soprattutto dopo il sostanziale insuccesso dell’operazione Scip2, ora, con la crisi che preme, si guarda al patrimonio pubblico con crescente interesse e si attende l’arrivo in Parlamento del nuovo provvedimento sulle dismissioni deciso nell’ultimo consiglio dei ministri. La crisi però, che ha trascinato il mercato immobiliare giù (meno 20% nel primo trimestre 2012), si inserisce anche in queste operazioni. Non solo: sul valore degli immobili degli enti pesano anche altri fattori, come le occupazioni senza titolo o i contenziosi in corso, tra enti e inquilini. L’interruzione dell’operazione di cartolarizzazione Scip2 ha “retrocesso” migliaia di immobili agli enti di provenienza. Per l’Inps – ha fatto presente la delegazione della Corte dei Conti in audizione, guidata dal presidente aggiunto Raffaele Squitieri – da Scip1 sono tornati indietro 542 immobili e da Scip2 10mila. Sono intervenuti i fondi immobiliari ma ora per le dismissioni occorrerà prendere in considerazione le nuove indicazioni normative. I problemi sono diversi: «l’andamento riflessivo del mercato immobiliare, la situazione degli occupanti senza titolo e l’individuazione delle modalità di vendita degli immobili retrocessi». Per l’ex Inpdap, che deteneva il 46% degli immobili degli enti previdenziali pubblici, sono tornati indietro da Scip2 12.000 immobili e «in tre anni, dal 2009 al 2011 – hanno riferito i rappresentanti della Corte – ne sono stati venduti 1.200», appena il 10% con un ricavo di 93 milioni. Per l’Inail gli immobili iscritti a bilancio nel 2011 valgono 2,818 miliardi. Un patrimonio di tutto rispetto ma «le dismissioni procedono con molte difficoltà», ha fatto presente la Corte. «Ci sono cespiti non utilizzati anche da dieci anni – hanno riferito i magistrati – di grande valore ma la cui vendita è difficile. Anzi il rischio è quello di una svendita per un patrimonio che invece per l’istituto è inestimabile». C’è infine il mondo delle casse privatizzate che dispongono complessivamente di un patrimonio di 45,2 miliardi di euro, 8 miliardi in investimenti immobiliari e 37,1 in investimenti mobiliari. «La tendenza è una progressiva riduzione degli investimenti immobiliari e lo slittamento dalla gestione diretta alla gestione attraverso i fondi. Se questo per alcuni versi è condivisibile – ha fatto presente Squitieri – il patrimonio diventa più difficilmente controllabile e il rischio è che il fenomeno venga perso di vista».
Il Mattino di Padova – 21 giugno 2012