Scritto da Philip Lymbery, direttore di Ciwf International, insieme a Isabel Oakeshott, giornalista del Sunday Times, e frutto di un viaggio di tre anni in diversi paesi per indagare gli impatti degli allevamenti intensivi
“Anche l’Italia ha il suo ‘Farmageddon’: circa 800 milioni di animali vengono allevati ogni anno per produrre cibo, a loro sono destinati il 71% degli antibiotici venduti nel nostro Paese, e solo gli allevamenti di suini, ogni giorno, producono 52mila tonnellate di letame, potenzialmente nocivo per l’ambiente”. Lo rivela Ciwf in occasione dell’uscita in Italia di ‘Farmageddon’, il libro inchiesta scritto da Philip Lymbery, direttore di Ciwf International, insieme a Isabel Oakeshott, giornalista del Sunday Times, frutto di un viaggio di tre anni in diversi paesi tra cui Cina, Perù, Argentina, Stati Uniti e Francia, per indagare gli impatti degli allevamenti intensivi.
“Con Farmageddon – afferma Philip Lymbery – ho tolto il velo ad un sistema che fa sì che le persone finiscano per nutrire i loro figli con cibo malsano, che depaupera la natura della vita selvatica e spreca grandi quantità di cibo”. Per Lymbery, però, “cambiare è ancora possibile e tutti possiamo essere parte della soluzione. I governi, ad esempio, possono decidere di supportare una produzione che riporti gli animali nelle fattorie invece che rinchiuderli negli allevamenti intensivi” mentre i consumatori “possono fare la differenza per ben tre volte al giorno, ad ogni pasto, tramite l’acquisto di prodotti derivati da animali cresciuti nei pascoli, all’aperto”.
“Farmageddon – afferma Annamaria Pisapia, direttrice dell’associazione no profit Ciwf Italia – rivelerà al pubblico italiano, ancora troppo all’oscuro dei costi nascosti dell’attuale sistema alimentare una realtà sconosciuta e inquietante, in cui i destini di uomo, animali e natura appaiono quali veramente sono: indissolubilmente intrecciati”.
Il libro svela i segreti nascosti dietro la carne che viene venduta a buon mercato e propone soluzioni per evitare l”apocalisse’ (Armageddon) derivante dall’agricoltura (farm) intensiva: il diffondersi incontrollato delle malattie, una velocissima perdita di biodiversità e una crisi alimentare che minaccerebbe seriamente la vita di miliardi di persone. La tesi del libro è che gli animali da allevamento, loro malgrado, sono diventati nostri concorrenti alimentari: cereali e soia che potrebbero nutrire miliardi di persone vengono utilizzati come mangime animale. Tonnellate di pesce di piccola taglia vengono destinate allo stesso scopo, sotto forma di farina di pesce.
L’uso di antibiotici è massiccio, senza di essi gli animali, costretti negli allevamenti al limite delle loro capacità fisiologiche, morirebbero. Questo porta allo sviluppo di batteri antibiotico-resistenti che minacciano gravemente la salute umana così come già denunciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Anche l’ambiente paga un caro prezzo con l’inquinamento delle acque, dell’aria e del suolo, causato dallo smaltimento del letame di milioni e milioni di animali. A cui si aggiungono la deforestazione crescente e l’abuso di pesticidi connessi alla monocoltura della soia, spesso Ogm, utilizzata come mangime per gli animali da allevamento.
In occasione dell’uscita del libro nel nostro Paese, Ciwf rende noti alcuni dati sulla situazione italiana: 60 milioni di persone condividono il loro territorio con 136 milioni di polli, 8,7 milioni di suini, 6,1 milioni di bovini, 73,5 milioni di conigli e 25,2 milioni di tacchini (fonte Faostat); oltre il 50% dei cereali prodotti in Italia è utilizzato per nutrire gli animali (stime basate su dati Faostat). Ancora: il 71% degli antibiotici venduti in Italia è destinato agli animali (fonte: Ecdc/Efsa/Ema) e il nostro Paese è il terzo maggiore utilizzatore di questi medicinali negli animali da allevamento in Europa, dopo Spagna e Germania (European Medicines Agency).
Da stime basate su dati Faostat emerge, poi, che ogni giorno in Italia solo gli allevamenti dei suini producono 52mila tonnellate di letame. Mentre il 79% delle emissioni di ammoniaca prodotte in Italia proviene dall’allevamento come il 72% delle emissioni di gas serra generate dall’agricoltura (Ispra). Secondo stime di Ciwf, poi, le emissioni imputabili all’allevamento, considerando anche quelle dell’agricoltura finalizzata alla produzione di mangimi, possono raggiungere l’80%.
Focus.it – 25 febbraio 2015