Ieri il Ministero dello sviluppo economico insieme ai rappresentanti del Ministero delle politiche agricole e del Ministero della salute, con le associazioni del commercio, hanno deciso di “verificare presso l’Unione europea un percorso in grado di assicurare l’obbligatorietà dell’indicazione dello stabilimento di produzione sulle etichette dei prodotti alimentari anche a livello nazionale”.
Si tratta di un primo timido passo delle istituzioni che cercano di recuperare una situazione critica, che le organizzazioni dei consumatori hanno evidenziato e che anche la nostra petizione ha contribuito a evidenziare.
Si tratta di un parere simile a quello di Federalimentare che “ritiene che il venire meno dell’obbligo di indicazione della sede dello stabilimento di produzione in etichetta sia un danno tanto per le imprese che per i consumatori. Reputiamo tuttavia che la reintroduzione del precetto su base nazionale, pertanto applicabile ai soli alimenti prodotti e venduti in territorio italiano,non sia lo strumento idoneo a tutelare il Made in Italy agroalimentare e a garantire la dovuta trasparenza al consumatore. La competizione tra le imprese italiane e straniere non avverrebbe infatti ad armi pari, per non parlare dell’informazione al consumatore. Come sarebbe infatti evidente il luogo di produzione per i prodotti non fabbricati in Italia?
In questo senso sosteniamo fermamente che la soluzione in grado di promuovere la produzione italiana e dare un’informazione completa al consumatore sia quella di sollecitare l’UE a rendere applicabile tale obbligo a tutti i 28 Stati membri e di spostare, quindi, il dibattito in sede europea.”
Si tratta di un timido passaggio intrapreso da istituzioni molto distratte che dovevano attivarsi ben prima avendo avuto tre anni di tempo, prima dell’entrata in vigore del nuovo regolamento UE 1169 del 2011.
Sara Rossi – Il Fatto alimentare – 13 febbraio 2015