La Nutella si mangerà i dolci americani della Nestlè? Ferrero, la storica azienda di cioccolato della famiglia più ricca d’Italia, tenta la più grande scalata nella sua storia: 3 miliardi di dollari. Il gruppo alimentare di Alba, terzo al mondo nella cioccolata, avrebbe messo nel mirino la divisione snack dolci della più grande multinazionale alimentare al mondo.
Per Ferrero sarebbe un attacco senza precedenti al ricco mercato americano. E per farlo potrebbe cercare un bersaglio grosso: appunto la divisione di dolci confezionati di Nestlè e su cui il colosso svizzero ha messo il cartello «Vendesi».
Secondo indiscrezioni riportate dall’agenzia di informazioni Dealreporter, Ferrero avrebbe incaricato una banca di investimento per studiare il dossier. Ferrero si è già ampliata nel mercato americano con l’acquisto di Fannie May Confections Brands, produttore di cioccolato di qualità, per 115 milioni cash. Dal canto suo Nestlé ha annunciato il 15 giugno di esplorare opzioni strategiche per la sua divisione americana di dolci confezionati inclusa una potenziale vendita.
La divisione comprende prodotti come Butterfinger e BabyRuth e verrebbe valutata circa 3 miliardi di dollari. Ha generato infatti circa 900 milioni di fatturato nel 2016. Per Ferrero potrebbe dunque essere una grande chance di crescita sul mercato Usa. «Non commentiamo le speculazioni» si sono limitati a dichiarare da Alba. Se andasse in porto, sarebbe la seconda acquisizione di Ferrero nel 2017, e la seconda negli Stati Uniti. Una sorta di «rivoluzione copernicana» per la Ferrero, dove per decenni la filosofia del fondatore Michele è stata «Niente finanza, niente acquisizioni», linea a cui l’azienda era rimasta sempre fedele. fino a due anni fa, quando Ferrero aveva comprato la britannica Thorntons.
Ferrero era sbarcata negli Usa nel 1969, con i confetti TicTac e oggi conta 225 dipendenti nel paese che rappresenta il quinto mercato per il gruppo italiano. Fondata a Chicago nel 1920, Fannie May invece è un marchio altrettanto storico che non ha una distribuzione nei supermercati e bar, ma vende solo a distanza (online, telefono e tv, appoggiandosi a una piccola rete di 80 negozi). Stavolta Ferrero potrebbe approfittare dell’empasse di Nestlè: la multinazionale svizzera negli Stati Uniti ha messo in vendita la sua divisione «sweet confectionery»; in Italia nel 2015 ha perso 15 milioni e ora vorrebbe dimezzare i dipendenti della Perugina, altro storico marchio italiano.
Il 2017 invece per Ferrero è partito sotto il segno nell’internazionalizzazione: oltre agli Usa, l’azienda si è espansa anche in Asia. Dopo l’apertura di uno stabilimento di produzione in Cina, nel 2015, è stato aperto un centro innovazione a Singapore. Si tratta del secondo polo di ricerca per il Gruppo dopo quello della sede centrale di Alba. Il mercato asiatico, insieme proprio agli Stati Uniti, è uno dei più interessanti come prospettive. Se l’Europa, in particolare Italia, Francia e Germania, pesano per i due terzi del fatturato Ferrero (10,3 miliardi il consolidato al 31 agosto 2016) in Cina Ferrero può contare su una quota di mercato nel “confectionery” salita al 27% e ricavi al 31 dicembre 2016 a quota 510 milioni di dollari. L’ultimo anno fiscale per Ferrero ha visto una crescita del giro d’affari dell’8,2%. «Un anno eccezionale» lo hanno definito ad Alba: l’utile netto consolidato ha addirittura sfiorato gli 800 milioni di euro, il 54% in più. Merito anche delle acquisizioni fatte nel 2015, dalla Oltan,importante produttore di nocciole, alla già citata Thortons fino ai biscotti Delacre e appunto Fannie May.
Il Sole 24 Ore – 21 luglio 2017