Forniture alla Pa. Dal 2017 la spending sugli acquisti delle Regioni. In legge di stabilità il target per i governatori con il sistema imperniato su sole 34 stazioni appaltanti
Per le Regioni la vera partita sulla “spending” legata alla centralizzazione degli acquisti Pa entrerà nel vivo a partire dal 2017. Già nel prossimo anno i governatori sono chiamati a realizzare nuovi risparmi dal sistema imperniato su sole 34 stazioni appaltanti per la gestione delle forniture ma senza alcun vincolo finanziario per la revisione della spesa a livello nazionale: tutte le minori uscite potranno essere destinate al raggiungimento dei singoli obiettivi del pareggio di bilancio. Ma dall’anno successivo lo scenario cambierà: le Regioni dovranno contribuire alla “spending” con non meno di 480 milioni.
Il target è indicato chiaramente dalla legge di stabilità appena approvata dal Parlamento. Ed è destinato a salire per effetto del piano messo in moto dal commissario Yoram Gutgeld sull’estensione a tappeto del cosiddetto modello Consip. Ma anche i ministeri dovranno continuare a fare la loro parte. Per il momento l’ultima legge di stabilità fa scattare un intervento strutturale che dovrà garantire da questo versante una minor spesa di 103,1 milioni per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. I dicasteri dovranno quindi assicurare quasi la metà dei risparmi attesi per il prossimo anno dal rafforzamento della centralizzazione degli acquisti Pa (in tutto 216,4 milioni). Una percentuale che scende negli anni successivi quando l’obiettivo della minor spesa dagli acquisti Pa fissato dalla manovra sale a 697,3 milioni sia per il 2017 che per il 2018.
Sul versante dei dicasteri nel 2016 il contributo maggiore arriverà dal ministero dell’Istruzione e dell’Università (28,1 milioni), seguito da quelli della Giustizia (20,2 milioni), dell’Interno (18,6 milioni) e della Difesa (13,9). La stretta più soft scatta per il ministero dello Sviluppo economico (0,2 milioni).
Il tutto per effetto delle misure previste dalla legge di stabilità approvata dal Parlamento. Che, come si osserva nei dossier tematici del Servizio Studi e del Servizio Bilancio di Camera e Senato, sono anzitutto finalizzate a rafforzare il ricorso alle convenzioni attraverso differenti modalità, come la limitazione delle deroghe all’obbligo di provvedere agli approvvigionamenti attraverso le convenzioni che vengono “congelate” per il triennio 2017-2019. E alle quali viene comunque imposto un limite minimo di prezzo: il prezzo deve essere inferiore almeno del 10% (per alcune categorie merceologiche del 3%) rispetto ai migliori corrispettivi indicati nelle convenzioni e negli accordi relativi al metodo Consip. Che viene esteso anche ai lavori di manutenzione.
La manovra estende il dispositivo di centralizzazione degli acquisti a enti di previdenza, agenzie fiscali, a tutte le stazioni appaltanti e agli enti locali. L’obiettivo è di incrementare l’utilizzo dei parametri prezzo-qualità delle convenzioni per gli acquisti pubblici. Per i contratti di acquisto di importo superiore ad un milione di euro le amministrazioni interessate sono obbligate a predisporre un apposito programma biennale che va comunicato alle strutture ed agli uffici preposti al controllo di gestione, e va anche pubblicato sul profilo del committente dell’amministrazione e sul sito informatico dell’Osservatorio dei contratti pubblici.
Un piano che sarà ulteriormente rafforzato dagli interventi messi a punto nell’ambito del programma di riduzione delle stazioni appaltanti, che diventerà pienamente operativo nel 2016, e che avrà una ricaduta consistente anche sugli enti locali.
Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 29 dicembre 2015