Ora vuole fare causa allo Stato del Connecticut: «Si sapeva che Travis era pericoloso». La mattina del 16 febbraio di cinque anni fa Charla Nash è una bella donna bionda di 55 anni. Vive a Stamford, in Connecticut, e si precipita a casa dell’amica Sandra Herold per aiutarla a far rientrare in casa Travis.
Travis è l’«animale domestico» di Sandra: uno scimpanzè di 14 anni che pesa 90 chili. Uno di famiglia, che vive come un essere umano da quando gli Herlod lo hanno adottato, quando aveva pochi giorni. Travis si veste, guarda il baseball in tv, beve vino dai calici, apre le porte di casa con le chiavi e dorme nel letto insieme alla sua padrona. Travis quella mattina impazzisce e la vita di Charla cambia per sempre. Appena l’animale la vede, le salta addosso con ferocia e le strappa naso, bocca, occhi ed entrambe le mani. Poi attacca anche un agente arrivato sul posto che lo uccide quando lo scimpanzè, insanguinato, prova ad aprire la portiera dell’auto della polizia. Charla resta in fin di vita. Oggi ha 60 anni e vive prigioniera di quel che è rimasto del suo corpo. È cieca, non ha le mani (il trapianto non è andato a buon fine) e ha subito oltre trenta interventi chirurgici in questi anni. Anche un trapianto di viso, un viso che non ha mai potuto vedere. Adesso vuole chiedere 150 milioni di dollari di risarcimento allo Stato del Connecticut per non averla protetta adeguatamente. Secondo il suo avvocato Charles Willinger, infatti, il Dipartimento di Protezione Ambientale sapeva quanto Travis fosse pericoloso per la pubblica sicurezza ma non ha fatto nulla per fermarlo. Secondo la legge però per intentare una causa allo Stato ci vuole prima l’ok di una commissione, via libera che già una volta è stato rifiutato a Charla.
«Non voglio che succeda mai più a nessuno»
«Voglio poter pagare le cure mediche di cui ho avuto e ho bisogno e vivere una vita confortevole – ha detto Charla Nash, che adesso vive nell’area di Boston e ha bisogno di essere assistita a tempo pieno -. Ma soprattutto voglio essere sicura che quello che è successo a me non accada mai più a nessuno». All’udienza, presso l’Ufficio Legislativo di Hartford, Charla è arrivata indossando sulla testa una garza bianca, per proteggere i segni delle ultime operazioni. Ad accompagnarla c’era la figlia Briana che la ha abbracciata, l’ha imboccata facendole mangiare una banana con un cucchiaio, l’ha aiutata a bere con una cannuccia, ha tenuto nella sua mano il moncherino di quella della madre. Ovviamente Nash ha fatto causa anche all’amica Sandra che aveva adottato (e snaturato) l’animale. Nel 2010, quando la donna è morta, ha ricevuto 4 milioni di dollari di risarcimento.
Le prove che l’animale era pericoloso: un attacco già nel 2003
«Questo è un caso di sistematica negligenza istituzionale da parte del Dipartimento di Protezione Ambientale (Deep) – ha detto nella sua richiesta l’avvocato di Charla Nash – E i fatti che fra poco vi racconterò vi choccheranno e lo dimostreranno: chiediamo solo che una corte possa valutare la responsabilità del Dipartimento». Ecco i fatti portati davanti alla commissione: si tratta di una nota scritta dalla biologa del Deep Elaine Hinsch. Nell’ottobre del 2008, quattro mesi prima che la vita di Charla fosse cancellata dall’attacco dello scimpanzè. «La questione della proprietà privata dello scimpanzè Travis continua a costituire una preoccupazione per la sicurezza pubblica – scrive la biologa nella nota al suo supervisore -. L’animale ha raggiunto la maturità, è molto grande e tremendamente forte». E ancora: «Sono preoccupata dal fatto che se dovesse sentirsi minacciato da qualcuno che, per esempio, entra nel suo territorio, potrebbe seriamente ferirlo».
I timori della biologa: «Travis è molto grosso e tremendamente forte: potrebbe fare del male a qualcuno»
Ma non è tutto: la biologa ricorda anche un altro episodio su Travis. «Come sapete – scrive – si tratta dello stesso scimpanzè che era scappato dall’auto della sua padrona e aveva costretto la polizia a scatenare una caccia nel centro di Stamford per fare risalire l’animale in macchina». Il fatto era successo nel 2003 mentre Travis si trovava in macchina con la padrona, a un semaforo, con il finestrino un po’ aperto. Un uomo aveva gettato qualcosa dalla sua auto e l’oggetto aveva colpito lo scimpanzè in testa. Allora l’animale si era tolto la cintura di sicurezza, era sceso dall’auto e aveva tentato di aggredire l’automobilista. Poi era scappato nel traffico. Dopo questo incidente era già stata approvata una legge che vieta di possedere primati che pesino più di 50 libbre (circa 23 chilogrammi). La legge è entrata in vigore in Connecticut nel 2004, quando Travis pesava già 200 libbre (90 chilogrammi), ma il Deep non ha fatto nulla per portare via l’animale dalla casa di Sandra Herold.
La decisione il 2 aprile
Il procuratore generale dello Stato George Jepsen ha contrattaccato dicendo che permettere a Charla di intentare questa causa «aprirebbe le porte a un numero enorme di altri procedimenti che manderebbero il Connecticut in bancarotta». E ha invitato i legislatori a respingere questa seconda richiesta della donna. Adesso la commissione, composta da 45 persone, ha tempo fino al 2 aprile per decidere se Charla possa chiedere i danni oppure no. Lei aspetterà, chiusa al buio in quel corpo sfregiato da Travis cinque anni fa.
Corriere.it – 22 marzo 2014