Francesca Paci. La morte no. Non si augura (ufficialmente) nemmeno ai cacciatori agguerriti. Gli animalisti, anche i più radicali, fanno quadrato nel condannare le maledizioni piovute su Caterina Simonsen. Però. Però sotto sotto tutti sospettano che il suo «outing» non sia affatto lo sfogo spontaneo d’una 25enne molto sfortunata ma la propaganda di una campagna pro sperimentazione orchestrata con astuzia sfruttando la storia della «probabilmente» ignara padovana.
«Il post Facebook di Caterina risale a ottobre, ma è passato inosservato fino al momento in cui il Parlamento è stato lì lì per pronunciarsi sulla nuova legge» osserva il presidente della Lega anti-vivisezione (Lav) Gianluca Felicetti. Il 7, l’8 e il 9 gennaio 2014 Camera e Senato decideranno se adottare le restrizioni volute dalla Lav tra cui l’obbligo degli analgesici sugli animali, l’incentivo a metodi di ricerca alternativi, il divieto di test per problemi legati alla droga, l’alcol o il tabacco. Felicetti, che si dice «lontano anni luce» dagli aggressori di Caterina, vorrebbe però proibire la vivisezione alla farmacologia così come già avviene per la cosmetica: «Caterina è stata usata come cavia da chi preferisce la sperimentazione sugli animali alla ricerca etica e pulita a cui si ricorre già in molti Paesi europei e negli Usa».
«Caterina è stata strumentalizzata, di sicuro non si è inventata da sola quel messaggio» sostiene Marina Berati, redattrice del sito Novivisezione.org. Prende le distanze dalla violenza che si è scatenata su internet ma ritiene anche che non tocchi a quelli come lei scusarsi: «Le offese, sempre che siano vere e non siano anche quelle scritte ad arte per creare il “caso”, sono stupide e volgari, ciononostante non rappresentano il movimento anti vivisezione, che riceve insulti altrettanto gravi. Tutta questa storia è un “teatrino” messo su dai sostenitori della vivisezione per recuperare il terreno perso negli ultimi due anni. Lei, poveretta, non sa molto sul tema, esprime l’opinione di chi non è informato, ma ignora forse che dopo essere stati testati sugli animali i farmaci vengono testati sugli uomini e che è dunque dalla seconda fase che dipendono i suoi eventuali miglioramenti».
Il medico di Caterina, Andrea Vianello, ha dichiarato che nel suo caso «la sperimentazione sugli animali è stata vitale». Un’affermazione che non convince affatto il fronte avverso. Anzi.
Susanna Penco è una biologa malata di sclerosi multipla e contraria all’uso medio di cavie animali. Ha difeso Caterina e si è beccata per questo la sua bella dose di improperi. Un conto però è l’umanità, un altro la scienza: «Mi auguro di cuore che quello di Caterina sia stato un triste e ingenuo desiderio di visibilità. Tuttavia non posso che associarmi a chi dice che si tratta di un’iniziativa strana, inusuale. L’idea della sperimentazione sugli animali è datata. Oggi in ambiente scientifico abbiamo studiose affezionate alla propria pelliccia ma convinte che quei test non funzionino per ragioni tecniche. Non ci sono prove che la ragazza sia viva grazie a loro, l’unica prova significativa è quando i farmaci sono testati sugli uomini».
Il muro contro muro è forte e Caterina ci è finita in mezzo. «Mi dissocio dalle offese e al tempo stesso ribadisco la nostra ferma condanna della vivisezione, non so se sia scientificamente utile ma seppure lo fosse la rifiuterei perché rifiuto l’utilitarismo applicato al vivente» spiega Rita Ciatti, redattrice di «Gallinainfabula» un blog collettivo anti-specista. La violenza equivale a darsi la zappa sui piedi, nota. Chi ci guadagna? Per questo è scettica: «Non vogliamo essere accomunati agli esaltati, non preferiamo le formiche alle persone, contestiamo la logica di dominio su tutti i viventi. Credo che la ragazza non sia in malafede ma che sia stata presa dai pro test come perfetto testimonial perché studia veterinaria e può mandare un messaggio tipo “si possano amare gli animali pur difendendo la sperimentazione”. Pericolosissimo». Rita ha contato i «mi piace» sulla pagina Facebook di «A favore sperimentazione animale»: «Prima di questo putiferio erano poche centinaia, adesso sono 47 mila». Caterina però, con la vita appesa al respiratore, che cosa ci avrebbe guadagnato?
La Stampa – 30 dicembre 2013