L’Istituto zooprofilattico sperimentale di Lombardia ed Emilia-Romagna, Brescia, sta continuando le indagini sull’allevamento di visoni nel Cremonese costituito da circa 23.000 capi allevati, a cui è stato associato un caso di Covid 19 umano, che ha permesso di risalire al luogo dell’evento zoonosico. Una ultima e nuova positività negli animali, nei primi giorni di novembre, probabilmente consentirà la completa sequenziazione del genoma virale, da cui capire se anche in Italia si può parlare di una variante visone. Nel frattempo il tema degli allevamenti di visoni è sul tavolo del Cts e del Consiglio Superiore di Sanità. Il dipartimento di Prevenzione del Ministero, da parte sua, con una circolare del 6 novembre ha aggiornato gli enti territoriali e centrali sulla situazione danese, facendo riferimento alle raccomandazioni dell’Oms in termini di biosicurezza.
Intanto le sequenze genomiche messe a disposizione dagli isolati dei visoni dei Paesi Bassi e della Danimarca risultati positivi al test molecolare della RT-PCR consentono di evidenziare le peculiarità di questo coronavirus, che in maniera sintetica evidenziamo di seguito.
Il passaggio dall’uomo al visone è dimostrato dalla velocità osservata nelle mutazioni adattative sulla porzione Receptor Binding Domain (RDB) che guida la proteina Spike del virus ad interagire con il recettore ACE2 specie-specifico e che di fatto determina l’entrata del virus nella cellula in seguito ad apertura da parte di proteasi presenti sulla membrana cellulare.
Tali mutazioni adattative sono state di fatto accelerate dalla replicazione virale intensa in contesti di allevamento intensivo.
Esperimenti utilizzando pseudovirus e proteine Spike modificate nella sequenza aminoacidica nelle posizioni strategiche conformazionali della regione RBD, con verifica di legame con immunoglobuline da sieri umani di pazienti clinici durante la fase “I” della pandemia, permettono ora di conoscere quali sono le mutazioni più rischiose in termini di rottura di immunità, parziale inefficacia delle terapie a base di vaccini subunitari o a ristretto spettro antigenico, e terapie a base di anticorpi monoclonali rivolti verso RDB dei primi isolati. La porzione RBD della proteina Spike, è ritenuta anche la più immunogena e il punto chiave di riconoscimento per gli anticorpi neutralizzanti.
Analogamente, si può verificare con approcci “in silico” ed “in vitro” se i saggi molecolari RT-PCR e i saggi antigenici rapidi possano essere influenzati nella capacità diagnostica-specie nei termini di sensibilità (percentuale di risultati falsi negativi a fronte di una carica infettante presente nel campione prelevato)
La comparazione dei genomi da casi umani evidenzia, anche in maniera sporadica, in siti differenti da Paesi Bassi e Danimarca, la variante 5 danese, caratterizzata per potenziale rottura di immunità, ad indicare che il Sars-CoV-2 è assai probabilmente di origine animale, e che progressivamente si sta adattando anche all’uomo.
Da quanto è dato sapere, il Comitato tecnico scientifico è stato ancora interessato dalla Lega Anti Vivisezione a esprimersi sulla opportunità di una chiusura di tutti gli allevamenti in Italia, dopo una prima istanza presentata a inizio settembre basata sulla segnalazione di contagio da visone a addetto all’allevamento nei Paesi Bassi. Parimenti l’argomento è ora sul tavolo del Consiglio Superiore di Sanità. Il dipartimento di Prevenzione del Ministero, da parte sua, con una circolare del 6 novembre ha aggiornato gli enti territoriali e centrali sulla situazione danese, facendo riferimento alle notizie in ambito Oms, e alle raccomandazioni dell’Oms in termini di biosicurezza. In data 11 novembre ECDC ha pubblicato il report sulla valutazione rapida del rischio, già illustrata su questo sito.
Le indicazioni in termini di preparedness in una ottica One Health si indirizzano quindi:
- A una sorveglianza attiva di tutte quelle specie animali potenzialmente recettive e che possono essere serbatoio per l’uomo, anche in contesti di ripetuti passaggi “ciechi” e di fatto asintomatici del virus negli ospiti. Ovviamente, il contesto di densità e di condivisione degli stessi ambienti uomo/animale è da tenere presente nella prioritizzazione degli interventi.
- Ad una attenzione di tutte le situazioni di re-infezione nella stessa persona che già ha sviluppato malattia durante la prima fase. Qui una indagine anamnestica e un tracciamento ampio che tenga conto dell’interazione tra l’uomo e potenziali serbatoi animali, a fenomeni di co-infezione da differenti coronavirus nello stesso ospite, unito a sequenziazione genomica sono opportuni.
L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lombardia ed Emilia Romagna, Brescia, intanto sta continuando le indagini sull’allevamento di visoni nel Cremonese costituito da circa 23.000 capi allevati, a cui è stato associato un caso di Covid 19 umano, che ha permesso di risalire al luogo dell’evento zoonosico. Una ultima positività negli animali, nei primi giorni di novembre, probabilmente consentirà la completa sequenziazione del genoma virale, da cui capire se anche in Italia si può parlare di una variante visone. I primi riscontri debolmente positivi di inizio agosto infatti erano riferiti alla matrice feci, con cariche virali che non hanno permesso di acquisire sufficiente materiale per una tipizzazione più completa.
In un contesto pandemico, il visone richiede quindi una”visione”, che va ben oltre a logiche ispettive delegate ai NAS, e che appaiono non inserite in un razionale di preparedness adeguato agli scenari pandemici, proprio perché non ci possiamo permettere di inseguire il virus. Alla Sanità pubblica veterinaria il compito di un lavoro di qualità preventivo e tempestivo. Ci sono tutte le professionalità, che si danno appuntamento il 26 novembre nella giornata di studio “I laboratori di sanità pubblica veterinaria e la ricerca nella genomica di SARS Cov2: Esperienze a confronto” organizzata dalla Società Italiana di Diagnostica Veterinaria, SIDILV (https://w3.iss.it/site/SANVevent/Sidilv2020).
SCARICA Recurrent mutations in SARS-CoV-2 genomes isolated from mink point to rapid host-adaptation
Figura 1. Immagine dell’interazione tra una porzione del Receptor Binding Domain (RBM) e il recettore cellulare umano ACE2. In porpora, le mutazioni non sinonime del RBM interessate all’interazione stretta con le corrispondenti zone di ACE2 (in blu scuro). Immagine tratta dal preprint: Lucy van Dorp et al., 2020 Recurrent mutations in SARS-CoV-2 genomes isolated from mink point to rapid host-adaptation https://doi.org/10.1101/2020.11.16.384743
Figura 2. Le più frequenti mutazioni riscontrate nei genomi di Sars-CoV-2 da isolati da visoni e da uomini, con particolare riferimento a quelle non sinonime che determinano un cambiamento nella sequenza aminoacidica, indicate dal triangolo. Si nota come la parte più interessata alle mutazioni si trovi sulla proteina Spike, maggiore responsabile della produzione di IgG neutralizzanti. Gli isolati dai visoni e gli isolati umani dai casi danesi forniscono chiare evidenze. Immagine tratta dal preprint: Lucy van Dorp et al., 2020 Recurrent mutations in SARS-CoV-2 genomes isolated from mink point to rapid host-adaptation https://doi.org/10.1101/2020.11.16.384743
(riproduzione ammessa solo citando la fonte – testo raccolto a cura della redazione)
19 novembre 2020