Breaking news

Sei in:

Gli italiani regolari: i nuovi deboli che non hanno voce. Inermi contro i soprusi a volte temono persino di uscire a fare la spesa nel timore di diventare dei senzatetto

Isabelle Bossi Fedrigotti. C’ è stato un sorpasso all’inverso in fondo alla classifica e i penultimi sono diventati gli ultimi. Hanno altri volti di un tempo, questi nuovi derelitti, e anche altri nomi. Non sono più gli stessi della nostra trentennale tradizione, gli immigrati, cioè, i clandestini, comunque stranieri, magari con un passato spaventoso alle spalle, arrivati in Italia privi di tutto: non sempre, almeno, lo sono, non in modo prevedibile, scontato.

Sembrano piuttosto essere oggi, i più deboli, coloro che nessuno ascolta, cui nessuno porge attenzione, cui nessuno viene in soccorso perché non hanno voce, soprattutto non hanno voce collettiva, bensì singola, isolata e, quindi, inevitabilmente, flebile.

Sono questi protagonisti del sorpasso all’inverso, questi nuovi deboli e debolissimi, per esempio, coloro dei quali parlano oggi e hanno parlato nei loro articoli sul Corriere di ieri e dell’altro ieri Andrea Galli e Gianni Santucci, e cioè i regolari delle case popolari, italiani per lo più, spesso soli, spesso anziani, non raramente con famiglie fragili, difficili.

Inermi contro gli occupanti abusivi, contro i soprusi del racket delle case, contro le minacce e le intimidazioni anche violente, non possono permettersi di assentarsi qualche giorno per andare in ospedale pena ritrovarsi sbattuti fuori dai loro appartamenti da senzatetto che hanno abbattuto porte e rotto chiavistelli. Ma a volte temono perfino di uscire per fare la spesa, una visita di qualche ora da un amico, da un parente oppure dal medico, perché rischiano, al rientro, di ritrovare il loro alloggio occupato dal qualcun altro. E se questo qualcun altro è una donna con figli minori, per i legittimi inquilini c’è il pericolo concreto di finire in strada. Sono vicende delle quali una volta le cronache riferivano con allarme, con scandalizzato sconcerto, mentre ora non fanno più notizia e quasi non se ne riferisce più perché succedono in continuazione.

Risulta ovvio, allora, chi siano oggi i più deboli in certi quartieri semiabbandonati delle città. E a nulla serve che, come ultima ratio , probabilmente, essi scrivano ai giornali lettere desolate, rievocando tempi migliori: speranze non ne hanno più, ma rabbia, comprensibile rabbia — perché vedono calpestati i loro diritti — invece sì. Ma ci sono altri nuovi deboli che nessuno ascolta, perché ascoltarli e, magari, prendere posizione sarebbe, chissà, politicamente scorretto, Perciò anche a loro, spesso, non resta che scrivere ai giornali la loro indignazione, il loro sconforto. Sono coloro che a un passo da casa hanno campi rom o accampamenti di profughi vari i cui occupanti usano aiuole e giardinetti di quartiere come bagno, cucina, dormitorio e pattumiera. E poiché succede che a queste colonie si aggreghino malviventi, ecco che agli abitanti della zona toccano anche furti e violenze, spaccio, risse e vandalismi. Se si rivolgono a poliziotti o vigili, difficile che qualcuno intervenga, perché troppo pochi, perché impegnati in fatti più gravi e perché tanto, poi tutto tornerebbe come prima. Se, invece, tentano di organizzarsi, di protestare vengono facilmente — e per lo più indebitamente — tacciati di razzismo.

Poi ci sono nuovi deboli di tutt’altro genere. Soggetti che nella tradizione erano i più forti, che tenevano il coltello dalla parte del manico, dei quali si parla ancora meno perché si vergognano del loro stato e perciò raramente lo segnalano, pur essendo aumentati in modo esponenziale in questi anni di crisi. Sono i mariti separati che la rottura del matrimonio ha fatto precipitare nella scala sociale, e da classe media che erano, con stipendio più o meno normale, con casa e figli, al momento di separarsi in un momento si trasformano in classe debole. Mentre «prima», in famiglia, si potevano permettere una vita dignitosa, «dopo» non riescono più a pagare alimenti per i figli, affitto della casa e, insieme, un’abitazione per se stessi. Se sono ancora in vita devono allora rifugiarsi dai genitori, altrimenti vi sono — a tempo determinato — amici o parenti. Finito tutto questo, a molti non resta che la Caritas oppure la macchina come stanza da letto. Erano i forti d’un tempo, i vincenti, quelli che se la cavavano sempre, che avevano comunque la meglio: ira, molti di loro stanno passando o già sono passati nella categoria dei nuovi deboli.

Il Corriere della Sera – 3 novembre 2014 

site created by electrisheeps.com - web design & web marketing

Back to Top