Da Bianconi a Saro, i timori di chi rischia lo scranno. «Dead men walking», li chiama indicandoli a vista un deputato piuttosto ottimista sul suo futuro. Vagano per il Transatlantico, depressi, impauriti, confusi.
Compulsano le cronache politiche, discutono su un partito, il Pdl, che ogni giorno rischia di dissolversi, evocano il fantasma di un Berlusconi sempre più ondivago e si avventurano in complessi calcoli sugli effetti di una nuova legge elettorale. Una sola certezza li avvolge: che per una buona metà di loro il caffè corretto della Camera, magari con una mandorla tostata e un anacardo, sapientemente dosato dal commesso, potrebbe essere uno degli ultimi. E l’indennità anche.
«Chi si domanda del futuro — dice Maurizio Bianconi — è Candide, un inguaribile ottimista o un incosciente. Molti andranno a casa e basta. E per i giovani sarà dura». Alcuni saranno aiutati dal vitalizio a sopportare la carenza di stucchi e politica. «Se mi consente, il vitalizio non è risolutivo per gente con quel tenore di vita». Bianconi non è preoccupato per se stesso, ma si interroga sulle preferenze: «Sistema micidiale. E guardi che io ne ho fatto incetta, a mio tempo. Ma costa, prenderle. Se spendi 500 mila e poi in Parlamento ne guadagni 200 mila, sei in perdita. E hai fatto debiti. Che dovrai ripagare con gli interessi».
«Che farò? — si chiede Alfredo Mantica, 70 anni, sei legislature, un passato da amministratore delegato del gruppo San Pellegrino —. Farei il pensionato, il nonno. Potrei fare l’assessore a Gardone Riviera. Nel ’94, invece, fui trombato e fu drammatica. Meno male che un amico mi aiutò e mi diede una consulenza. Chi invoca il tetto dei due mandati non sa che dice. A 50 anni cosa fai? Gli ex deputati e senatori la gente li manda al diavolo, altro che lavoro. Finisci disoccupato cronico. A meno che tu non sia un magistrato o un avvocato».
Michaela Biancofiore il dubbio non se lo pone neanche: «Sarò ricandidata nel partito di Berlusconi». Ma se ha detto che non lo fa. «Vorrà dire che lo faremo noi. Io ho la passione: dopo qualche lavoro con Cecchi Gori, a 23 anni sono scesa in politica». E se andasse male? «Sono cresciuta senza padre. Ho abbastanza cervello e conosco le lingue. Ce la posso fare».
Tempo di bilanci anche per l’ex sciatrice Manuela Di Centa: «A gennaio compio 50 anni. A me piacerebbe continuare, ma certo, mi ha chiamata direttamente Berlusconi. Chissà. Mi ricordo quando a 35 anni ho smesso lo sport agonistico. Mi son guardata intorno e ho detto: oddio, e ora? Ma poi ho fatto la dirigente sportiva e la conduttrice tv. Per me la politica non è una passione, ma un impegno. Mi impegnerei ancora, se si può. Ma la televisione la amo pazzamente, ho fatto otto puntate per una tv satellitare sulle aree montane invernali».
Giuseppe Saro, 61 anni, tre legislature a Roma, quattro in Friuli-Venezia Giulia, di strada ne ha fatta parecchia: «Ero già nella Prima Repubblica, ora sarei curioso di vedere da vicino la Terza. Ho cominciato a 24 anni, ma sono anche un agricoltore. Un tempo avevamo il bestiame, ora cereali. Fare il contadino è faticoso, ma ora ci sono i mezzi, si può fare».
Poi ci sono quelli che puntano tutto sulle preferenze. Come Roberto Rosso, inciampato in un’involontaria denuncia del malaffare in Piemonte: «In Piemonte, su 30 parlamentari, resteranno 9 o 10. Di questi, 3 o 4 entreranno con il listino bloccato, per gli altri decideranno gli elettori. Io sono molto noto, ce la posso fare. Male che vada, torno a fare l’avvocato». Agguerritissima anche Nunzia De Girolamo, raggiunta mentre è in una riunione di partito a Benevento: «Io lavoro sul territorio, mi impegno, sono conosciuta, ho 40 anni. E poi perché un segretario giovane come Alfano non dovrebbe puntare sui giovani?». Già, perché? Ma la paura fa 90 e il futuro è un’ipotesi. Bianconi invita tutti a prenderla con filosofia, senza elegie da Spoon River: «In Italia siamo 60 milioni, i parlamentari sono 945: chi entra ha vinto la lotteria, chi esce non si pianga addosso. Potendo, farei il parlamentare anche gratis». Ma, per ora, non è previsto.
Alessandro Trocino – Corriere della Sera – 10 novembre 2012