Dura presa di posizione del presidente della Federazione veterinari e medici Aldo Grasselli sul testo della manovra approvata dal Consiglio dei ministri e che verrà oggi stesso presentata alle Camere. «E’ una profonda delusione quella che abbiamo provato ieri sera – ha dichiarato Grasselli – vedendo il Governo imbarazzato nel presentare le urgentissime misure, rimandate per mesi dal governo precedente, che hanno fatto cassa al solito bancomat delle pensioni senza colpire con misure efficaci l’evasione fiscale e il lavoro nero, le due forme di economia sommersa che non risentono né degli incrementi IRPEF né dell’inflazione. Valutiamo positivamente l’attenzione verso la sanità pubblica ma ci aspettavamo una svolta molto più concreta sul piano dell’equità e del rigore».
E ha aggiunto: «È deludente che un governo tecnico non sia stato in grado di varare un’imposta sulle grandi fortune sul modello francese, e non abbia nemmeno tentato di riequilibrare l’imposizione sulle rendite finanziarie rispetto a quella sul lavoro dipendente. In seno alla COSMeD e all’Intersindacale medica valuteremo nel dettaglio il decreto e le determinazioni che unitariamente assumeremo».
“L’Italia deve recuperare una posizione debole, dovuta a una politica che per troppi anni, nel passato, ha preso delle decisioni non pensando alle generazioni future ma alle elezioni successive”.
Il Presidente del Consiglio Mario Monti ha iniziato così la presentazione della (prima?) manovra del governo “tecnico”. Un decreto da 20 miliardi, pù 4 di delegato fiscale, che lo stesso Monti suggerisce di chiamare “decreto salva Italia”.
Nel complesso la manovra conserva tutto il suo carico di lacrime e sangue (le lacrime ci sono state anche in diretta, da parte della ministra al Lavoro Elsa Fornero che ha dovuto parlare del sacrificio, “il più doloroso”, della deindicizzazione delle pensioni) con un clamoroso dietrofront sull’Irpef per i redditi più alti, che alla fine non vengono toccati e una sostanziale inesistenza di interventi sul fronte della lotta al “nero”.
Allo stesso tempo, però, il governo introduce una tassa sui capitali scudati – intervento che sembrava impossibile all’epoca del governo Berlusconi – e un’imposizione di bollo (1,5%) su tutti i patrimoni mobiliari, come titoli o altri prodotti finanziari. Confermati, invece, l’innalzamento dell’età pensionabile, il passaggio al metodo contributivo per tutti, il taglio ai trasferimenti nei confronti degli enti locali, l’aumento dell’IVA di due punti a partire dal secondo semestre del 2012 se non dovesse funzionare il calcolo fatto dall’ultima manovra Berlusconi sul triennio.
A sentire il tono con cui ne è stato parlato in conferenza stampa, l’innalzamento dell’IVA veniva dato per scontato, e con questo sarà scontato l’aumento dell’Inflazione che svuoterà ulteriormente pensioni e stipendi bloccati.
L’unico momento in cui nella sala ha aleggiato il vero spettro dell’emergenza nazionale, è stato quando il premier ha annunciato – oggettivamente un annuncio senza precedenti – di aver rinunciato alla sua ricompensa di Presidente del Consiglio e di Ministro ad interim dell’Economia e dalla decisione di pubblicare il patrimonio dei componenti di tutto il governo.
Sul fronte della riduzione dei “costi della politica” – che Monti ha invitato a calcolare non tanto rispetto ai quattrini che materialmente vengono spesi dai cittadini, ma rispetto alla cattiva politica – l’intervento davvero muscolare è solo quello sulle Province: i consigli saranno composti da solo 10 membri, la giunta verrà addirittura eliminate, e tutte l cariche saranno gratuite (L’Unione delle province ha giù giudicato l’intervento “incostituzionale”).
Il cospicuo ritocco dell’ultima aliquota Irpef, dal 43 al 46%, è stato opportunamente rimosso dal menù. Si è risparmiato così l’ennesimo tributo sul ceto medio, e si è archiviata l’idea, non del tutto realistica, che i “ricchi” in Italia siano quelli che dichiarano più di 75 mila euro l’anno. In realtà questo è anche il bacino sociale del lavoro dipendente che paga le tasse fino all’ultimo centesimo, mentre il lavoro autonomo continua a ripararsi dietro dichiarazioni dei redditi scandalose, che non superano i 25-30 mila euro l’anno.
Pensioni
La principale “voce” che porterà entrate resta quella delle pensioni. Dal 1 gennaio 2012, come ampiamente anticipato, si passa al sistema contributivo per tutti. “Il senso del sistema contributivo – ha detto Fornero – è che le pensioni vengono dal lavoro, e che neanche un euro di ciò che ho versato deve andare perso. Dunque – ha aggiunto – i giovani devono insistere per avere i propri contributi versati, perché quelli versati ora varranno di più in quanto saranno capitalizzati. E’ un intervento importantissimo contro il lavoro nero”. Rimane la pensione di anzianità ma si alza la soglia per ritirarsi dal lavoro: le donne del settore privato vanno in pensione a 63 anni per equiparare gli uomini nel 2018 a 66 anni (per le donne del settore pubblico l’innalzamento a 66 è già previsto a quest’anno). Ma non solo. “Lo stato non ci dice quando mettere su casa o fare figli, dunque non si capisce perché ci debba dire quando lasciare il lavoro”, ha spiegato la ministra, introducendo l’altro concetto cardine della riforma: la flessibilità. In pratica si potrà decidere di lavorare fino a 70 anni, anzi, chi lo farà sarà incentivato. Sono invece abolite le cosiddette quote (età più contributi) e per i dipendenti dal 2012 sarà possibile uscire dal lavoro in anticipo rispetto all’età di vecchiaia solo con almeno 41 anni di contributi per le donne e 42 per gli uomini. Al momento gli anni di lavoro necessari per andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica sono 41 per uomini e donne (40 più la finestra mobile). Per gli autonomi si andrà in pensione prima dell’età di vecchiaia con 41 anni e mezzo di contributi per le donne e 42 e mezzo per gli uomini. Sparisce il termine anzianità, si chiamerà pensione anticipata. Inoltre, stop alla rivalutazione sulle pensioni escluse quelle minime e qualle doppia della minima. E’ la parte che ha fatto piangere Fornero, e anche parecchi pensionati.
Casa
L’altra grande voce delle “entrate” verrà dal capitolo “casa”: aumento degli estimi catastali del 60%, introduzione della nuova tassa “Imu” sulle case. La prima sarà tassata allo 0,4%, la seconda allo 0,70%. Colpire più direttamente i grandi patrimoni? Per Monti è quasi impossibile, e inoltre avrebbe portato gettito solo “tra due anni”, dunque avrebbe rappresentato “una fuga”. Saranno invece tassati i beni di lusso, come le barche oltre i dieci metri e le macchine di grossa cilindrata.
Enti locali
E i tagli? Non se ne è parlato esplicitamente, men che meno in termini di cifre. Il ministro per i rapporti col Parlamento, Pietro Giarda, ha detto però cose abbastanza inquietanti, ricordando “gli inizi dello Stato italiano, quando era governato dalla destra storica”. All’epoca, infatti, “I Comuni erano finanziariamente del tutto indipendenti dallo Stato, ed è lì che vorremmo tornare”, fermo restando “gli interventi perequativi per le aree più povere”. Per il resto, secondo questo governo, i Comuni dovrebbero essere autonomi, e guadagnare i soldi necessari al proprio sostentamento attraverso “la più ampia libertà di tassazione”. Unica nota positiva: il ministro ha annunicato un amento dei trasferimenti per il trasporto pubblico locale.
Crescita
Al ministro per lo Sviluppo e le infrastrutture Corrado Passera è toccata la parte del leone. E’ chiaro, infatti, che il governo dei tecnici punta molto anche sul “rilancio” del sistema per far ripatrire “la crescita”. Come? Introduzione dell’Ace: uno sgravio fiscale volto a favorire chi mette capitali nell’impresa. Defiscalizzazione dell’Irap, in modo da favorire le aziende che hanno un’alta incidenza del capitale umano e che al momento, invece, sono di fatto penalizzate. Facilitare l’accesso al credito delle imprese, attraverso il rinforzo del Fondo centrale di garanzia, che verrà finanziato per almeno 20 miliardi. Favorire l’internazionalizzazione delle nostre imprese.
5 dicembre 2011