Il Ministero dello sviluppo economico, dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione, con il parere 155938 del 18 agosto 2011 (pubblicato ora) ha chiarito che i mangimi non possono essere considerati alimenti in senso stretto e, pertanto, per la loro commercializzazione non è prescritto il possesso dei requisiti professionali previsto dall’articolo 71 del D.Lgs. n. 59/2010. In precedenza il Ministero dello sviluppo economico si era pronunciato con il parere 511902 del 30 settembre 2002, sostenendo che la categoria merceologica dei mangimi per animali appartenesse al settore alimentare. Ora il cambio di rotta dopo una comunicazione chiarificatrice del Ministero della salute citata, appunto, nel suddetto parere.
Infatti, il Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti – Direzione Generale della sanità animale e del farmaco veterinario – ha chiarito che la vendita al dettaglio di alimenti per animali da compagnia non rientra nel campo di applicazione dei Regolamenti comunitari in materia di sicurezza alimentare e dei mangimi.
In particolare, il Reg. (CE) n. 178/2002 – norma cardine in materia di sicurezza alimentare – non ricomprende i “mangimi” nella definizione di “alimento” di cui all’art. 2. Inoltre, il Reg. (CE) n. 183/2005 – che stabilisce requisiti per l’igiene dei mangimi – esclude esplicitamente dal suo ambito di applicazione la vendita al dettaglio di mangimi per animali da compagnia; di conseguenza, l’operatore che svolge questa specifica attività non è soggetto agli obblighi previsti dal regolamento stesso. Il Ministero della salute ha, anche, rilevato che la normativa europea in materia sanitaria non prevede particolari requisiti per i soggetti che svolgono attività di commercio ambulante o al dettaglio di mangimi per animali da compagnia e ha lasciato all’Amministrazione competente la facoltà di fornire indicazioni specifiche in merito alla disciplina del commercio. Il Ministero dello sviluppo economico, quindi, vista l’evoluzione ha ritenuto di modificare il precedente indirizzo interpretativo, che a suo tempo era stato dettato anche da esigenze di tutela della salute pubblica in relazione alle emergenze relative al diffondersi di infezioni dovute ad una utilizzazione non corretta dei mangimi per animali (destinati all’alimentazione umana).
In particolare, le ragioni alla base del mutato orientamento possono essere individuate nei seguenti punti:
• la definizione di alimenti introdotta nel settore per effetto della disciplina comunitaria. In particolare, il Reg. (CE) n. 178/2002 non ricomprende i “mangimi” nella definizione di “alimento” e anche il Reg. (CE) n. 183/2005 – che stabilisce requisiti per l’igiene dei mangimi – esclude esplicitamente dal suo ambito di applicazione la vendita al dettaglio di mangimi per animali da compagnia. richiamata nella presente nota;
• l’introduzione nel nostro ordinamento di disposizioni di ordine sanitario, idonee a garantire le esigenze della salute pubblica in materia, in misura certamente più adeguata rispetto alla generica formazione prescritta per il commercio nel settore alimentare;
• la circostanza che nella legislazione in materia di commercio successiva al d. lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (ci si riferisce, nello specifico, al d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59) i requisiti per il commercio alimentare e per la somministrazione di alimenti e bevande sono stati unificati, rendendo ancora più evidente che si fa riferimento all’alimentazione umana;Sulla base delle precedenti considerazioni, il Ministero dello sviluppo economico ha, quindi, concluso che:
La Direzione generale fa presente “di ritenere che nessun requisito è richiesto per la commercializzazione di animali vivi e/o mangimi per animali, purché, ovviamente, sia evidente ed esclusa, nelle forme di presentazione e di vendita dei prodotti in questione, ogni, pur possibile, destinazione alternativa all’alimentazione umana e siano rispettati tutti gli altri vincoli derivanti dalla legislazione sanitaria”.
A cura di C.Fo – 22 marzo 2012 – riproduzione riservata