Nel 2015 la popolazione anziana raggiungerà quella dei giovani. Le aziende si affidano sempre più a professionalità “esperte” e con la crisi i lavoratori con più di 55 anni sono aumentati a 3,45 milioni (+24%), mentre è crollata l’occupazione dei giovani -20% e sono esplosi i Neet. Le risorse per le mamme lavoratrici sono del 40% inferiori rispetto alla Ue
L’avanzata dei nonni in carriera, la ritirata delle mamme dal mondo del lavoro. Scordiamoci l’immagine degli anziani dediti alla vita ritirata, al riposo e alla custodia dei nipotini. E, purtroppo, anche quella di un Paese di supportare l’impegno che per una donna, in una società ancora fortemente sbilanciata, comporta il crescere dei figli e proseguire la vita professionale.
I dati arrivano da una parte dal Censis e dall’altra da Confartigianato. Secondo la prima ricerca, gli anziani italiani sono sempre di più, restano sempre di più al lavoro e fanno meno i nonni, ma aiutano economicamente figli e nipoti. Gli over 65 fotografati nel lavoro Gli anziani, una risorsa per il Paese, nel 2015 raggiungeranno per numero la popolazione tra 15 e 34 anni: 12 milioni e mezzo di persone. Dal 2007 al 2012, mentre il numero dei giovani occupati è crollato (da 7 milioni 237 mila a 5 milioni 789 mila, quasi 1 milione e mezzo di posti di lavoro persi: -20%), i lavoratori con più di 55 anni sono aumentati da 2 milioni 766mila a 3 milioni 445 mila (+24,5%).
Per la ricerca, ciò è dovuto al fatto che il 68,8% dei titolari di grandi aziende preferisce gli anziani rispetto aigiovani quando si tratta di competenze gestionali e organizzative, del riconoscimento nei valori aziendali (58,8%), delle competenze specialistiche (51,5%), della capacità di leadership (52,1%). Ne comporta che gli anziani fanno sempre meno i nonni: la percentuale che si occupa direttamente dei nipoti scende dal 35,8% del 2007 al 22,5%, mentre aumenta dal 31,9% del 2004 al 47,9% la quota di over 60 che contribuiscono con un aiuto economico diretto alla vita di figli e/o nipoti. E sono per lo più anziane le famiglie che detengono consistenti patrimoni, quote rilevanti di reddito, e sono poco o per nulla indebitate. L’altra faccia della medaglia è che crescono sempre più i “Neet”, giovani che non studiano, non lavorano e non sono intenzionati a cercare alcun tipo di occupazione, ma preferiscono restare a casa. Dei circa 6 milioni 85mila italiani di 15-24 anni, il 59,1% si trova inserito in un percorso formativo, il 18,6% ha un lavoro, il 10,1% lo sta cercando, mentre il 12,2% non fa nessuna di queste cose.
Quanto alle donne, la situazione non è molto più rosea per le prospettive del Paese. Per i dati di Confartigianato, infatti, a tenere distanti le donne dal mondo del lavoro contribuisce lo scarso investimento nei servizi di Welfare che dovrebbero invece aiutare le donne a conciliare lavoro e famiglia. La spesa pubblica nazionale per aiutare le mamme lavoratrici a crescere i figli è pari a 20,3 miliardi, equivalente all’1,3% del Pil e inferiore del 39,3% rispetto alla media dei 27 Paesi Ue.
Una situazione che porta quasi 1 donna su 2 (46,5%) all’inattività; però con differenze molto marcate tra Nord e Sud: se infatti a Bolzano il tasso di inattività femminile è pari al 31,9%, in Campania tocca il record negativo del 64,4%. Pur in un contesto così problematico per il lavoro femminile, l’Italia mantiene tuttavia la leadership in Europa per il maggior numero di imprenditrici e lavoratrici autonome: 1.524.600, pari al 16,3% delle donne occupate nel nostro Paese, rispetto alla media europea del 10,3%. In particolare le imprenditrici artigiane sono 364.895. Tornando all’investimento sul welfare, l’analisi rivela in particolare che in Italia la spesa pubblica per le prestazioni a favore delle nascite è pari a 3,1 miliardi, inferiore del 26,6% rispetto alla media europea, quella a sostegno della crescita dei bambini è di 2,8 miliardi, più bassa del 51,2% rispetto alla media Ue, e quella a favore dei giovani under 18 è di 6,6 miliardi, inferiore del 51,5% rispetto all’Ue.
Repubblica – 20 ottobre 2013