Dopo la proposta del ministro dell’«acconto» previdenziale. A livello tecnico lo strumento si muove nell’ottica del criterio delle penalizzazioni utilizzando l’accumulo della ricchezza dei contributi
Aprire un tavolo nella maggioranza per risolvere tutti i nodi della riforma Fornero. È lì, in quella sede, che si potrà approfondire la proposta, lanciata ieri dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, in un’intervista al Sole 24 Ore, di un acconto sulla pensione in forma di prestito a chi perde il lavoro a due-tre anni dal ritiro. Una proposta, questa, che ha riacceso il dibattito dentro la maggioranza, ma anche nelle parti sociali e tra gli addetti ai lavori, sul terreno minato della previdenza. E che per ora ha incassato cautela e diversi inviti alla prudenza, ma anche qualche primo sì. Il ministro del Lavoro ha infatti annunciato che si sta studiando «senza costi aggiuntivi» l’ipotesi di prevedere per chi è a due tre anni dal pensionamento e ha perso il lavoro la possibilità di ricevere un «sostegno economico» che poi dovrà essere ripagato negli anni successivi. Una sorta di prestito sulla propria pensione per il lavoratore in difficoltà.
La proposta è stata accolta, almeno per ora, con freddezza da Pd e Pdl, con la richiesta degli ex ministri del Lavoro Maurizio Sacconi (Pdl) e Cesare Damiano (Pd) di aprire un «tavolo di confronto nella maggioranza» su tutte le correzioni necessarie alla riforma Fornero. Giuliano Cazzola di Scelta civica non chiude la porta all’idea di Giovannini («che può essere utile in momenti di emergenza come questa»), ma invita però il Governo a non trasformare il sistema pensionistico in un ammortizzatore sociale.
È più di un appello alla prudenza quello che arriva da Sacconi che invita il ministro Giovannini a mettere da parte gli annunci perché, come insegna l’emergenza continua degli esodati, «la materia previdenziale è particolarmente sensibile perché investe contemporaneamente le attese di vita, anche immediate, delle persone e i fondamentali equilibri di finanza pubblica di breve, medio e lungo periodo». Da qui l’invito di Sacconi a Giovannini a riunire «quanto prima la maggioranza sulla base di una istruttoria relativa a tutti i nodi aperti in conseguenza degli interventi prodotti nella trascorsa legislatura». Nodi per i quali serve «una proposta organica da parte del Governo (con le relative previsioni di oneri)».
Anche Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, che si dice «non convinto» dalla proposta di Giovannini, suggerisce la la via di un tavolo «per affrontare complessivamente il tema della previdenza» in modo da restituire «qualche risorsa alle pensioni senza varare alcuna controriforma». Cominciando magari dalla sua proposta di introdurre un criterio di flessibilità nel sistema pensionistico, tra i 62 e i 70 anni, per restituire quella gradualità la cui mancanza nel recente passato ha prodotto «il dramma sociale degli esodati». La contrarietà di Damiano alla proposta di Giovannini su di un prestito-acconto sulla pensione si basa invece «sul fatto che si trasforma un diritto previdenziale in un intervento assistenziale». Ma anche che si «pretende addirittura la restituzione di questo acconto quando il lavoratore percepirà la pensione, sapendo che mediamente si tratta di assegni da 1.200 euro netti mensili».
Giuliano Cazzola, responsabile Welfare per Scelta civica, si dice invece pronto a «meditare attentamente» le proposte di un ministro «serio e preparato» come Giovannini. Ma avverte anche che per Scelta civica «la via maestra» è un’altra: «Bisogna voltare pagina rispetto ad un andazzo che per decenni ha portato ad usare il sistema pensionistico come un ammortizzatore sociale». Per l’ex-vicepresidente della commissione Lavoro della Camera la priorità è fornire innanzitutto l’opportunità di «una nuova occupazione, attraverso gli strumenti della formazione, del placement e la corresponsione dell’Aspi. La proposta di Giovannini viene considerata «interessante» da Andrea Camporese, presidente dell’Inpgi e dell’Adepp, l’associazione degli enti previdenziali privati «perché coniuga una necessità solidaristica e anche una compatibilità economica. E va nella direzione di un welfare flessibile e completo». Mentre il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, chiede al ministro di aprire «al più presto un tavolo di confronto con le parti sociali»
Il Sole 24 Ore – 29 agosto 2013