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I ricercatori IzsVe: “Sia la zanzara tigre che la zanzara comune non sono in grado di trasmettere il virus Sars-CoV-2”. A parlarne la direttrice Ricci e il virologo Terregino. Il video

“Sia la zanzara tigre (Aedes albopictus) che la zanzara comune (Culex pipiens) non sono in grado di trasmettere il virus SARS-CoV-2”. Lo dimostrano i dati preliminari di uno studio condotto da un team di entomologi e virologi dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, proprio per valutare, attraverso prove di infezione sperimentale, la competenza vettoriale delle due specie di zanzare. 

La ricerca ha mostrato “che il virus, una volta penetrato all’interno della zanzara mediante un pasto di sangue infetto, non è in grado di replicarsi e quindi di essere successivamente inoculato dalla zanzara attraverso una puntura”.

I risultati definitivi, che saranno pubblicati a breve dall’ISS e dall’IZSVe, “forniranno quell’evidenza sperimentale, finora teoricamente ipotizzata, che permetterà di escludere in modo scientifico il coinvolgimento delle zanzare nella possibile trasmissione del COVID-19, rispondendo in modo chiaro e definitivo alle legittime preoccupazioni legate al ruolo delle zanzare nella trasmissione di numerose malattie. Preoccupazioni rese ancora più attuali dall’emergenza COVID-19 e dall’inizio della stagione calda”.

Le zanzare non trasmettono il coronavirus. Lo dice uno studio di imminente pubblicazione condotto dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Venezie (IZSVe) che in quanto istituto veterinario si occupa di capire, tra le altre cose, come le malattie si spostino dall’animale all’uomo e come siano possibili i «salti di specie».

«Una buona notizia – commenta Antonia Ricci, direttrice generale dell’Istituto, ieri al fianco del governatore Luca Zaia nel corso della consueta conferenza stampa di mezzogiorno -. È iniziata la stagione delle zanzare e ci siamo posti il problema che queste potessero essere veicoli del contagio. Bene, possiamo dire che né la zanzara normale, né la zanzara “tigre” hanno la competenza vettoriale per la trasmissione del covid-19». Una scoperta che si aggiunge a quella, già nota, relativa agli animale domestici, pure ribadita dal dottor Calogero Terregino: «I casi sono stati fin qui piuttosto sporadici ma possiamo dire che cani e gatti non sono “untori” bensì vittime del virus. Possono essere contagiati dall’uomo, e nella maggior parte dei casi sono asintomatici, ma non viceversa, non contagiano i padroni, che dunque possono stare tranquilli. Solo in un caso, un allevamento di visoni nel Nord Europa, vi è stata un’infezione massiva che ha coinvolto molti animali e un tecnico che lavorava con loro».

La vera ragione dell’incontro voluto dal presidente era però il sequenziamento del genoma del virus Sars-CoV-2 (responsabile dei casi di covid-19) realizzato dallo Zooprofilattico grazie alla collaborazione con l’Usl di Verona e l’Usl di Padova che hanno messo a disposizione i tamponi. Le sequenze sono state depositate nel database pubblico Gisaid: «Ad oggi sono 50 mila le sequenze pubblicate in tutto il mondo – spiega Terregino – 30 mila in Europa, appena lo 0,5% in Italia. Sono stati scoperti 9 gruppi diversi del virus, 4 in Veneto. Ad esempio, ci siamo accorti che il virus che ha colpito alcuni soggetti nel Padovano era molto simile a quello dilagato a Wuhan, in Cina, e che è stato trovato nei due turisti cinesi alloggiati a Verona e poi portati all’Istituto Spallanzani di Roma».

Un’indagine, quella condotta sul genoma del virus, che ha condotto a due conclusioni principali: «La prima – racconta Ricci – è che le mutazioni intervenute fin qui, perché vi sono state delle mutazioni, sono state casuali e irrilevanti, non hanno cioè cambiato la funzionalità del virus, che è sostanzialmente lo stesso di prima. La seconda, conseguente, è che non abbiamo dati che ci confermino la teoria per cui il virus sarebbe più debole, meno aggressivo di tre mesi fa. Per noi, oggi, è ugualmente pericoloso».

«Io non sono in grado di dire che accadrà dopo l’estate – commenta Ricci – ma sono convinta che se oggi chi viene infettato dal virus si ammala meno gravemente lo deve alle misure di contenimento del contagio adottate e non ad una mutazione genetica del virus». In pratica, se le cose vanno meglio è perché a marzo un contagiato infettava il malcapitato che gli stava vicino con 100 particelle, oggi lo infetta con 10 e queste, una volta passate al nuovo ospite, non sono in grado di provocare la malattia con la stessa forza di prima (di qui i soggetti con sintomi lievi o addirittura asintomatici). «Per questo la carica virale si è ridotta drasticamente – prosegue Ricci – fateci caso: in giro non si vede più nessuno neppure con la tosse o un raffreddore».

Il video (interventi Izs dal minuto 43)

??? TUTTI GLI AGGIORNAMENTI DI OGGI IN DIRETTA. ???Con noi la dott.ssa Antonia Ricci, direttore generale f.f. dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, e il dott. Calogero Terrecino, direttore del Dipartimento di Virologia dello stesso Istituto.

Gepostet von Luca Zaia am Donnerstag, 25. Juni 2020

 

Tratto dal Corriere del Veneto

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