Breaking news

Sei in:

I sindacati: “Il governo ci snobba? È un cattivo datore di lavoro”. Il 5 e 8 novembre in piazza i pensionati e i dipendenti pubblici

Roberto Giovannini. Una volta lo chiamavano il «modello renano»: era il sistema – diffuso ovunque, nell’Europa continentale – in cui governi, sindacati e imprenditori discutevano, condividevano obiettivi e strategie di politica economica, e concordavano (ognuno per la sua parte) i comportamenti. In Italia – anche se poi indubbiamente c’è stata una degenerazione – lo si è usato (Amato-Ciampi 1992-93) per battere l’inflazione e avviare il risanamento dei conti, o per centrare l’ingresso nell’euro (Prodi 1996).

Un relitto del passato, dopo le parole di Matteo Renzi, secondo cui «surreale è pensare che il governo tratti con il sindacato». Cgil-Cisl-Uil, ha spiegato il premier, possono negoziare soltanto con i datori di lavoro. Senonché, fanno notare i sindacati, il governo è il più grande datore di lavoro d’Italia. Tecnicamente, infatti, insieme con tutte le amministrazioni pubbliche, Palazzo Chigi è il «padrone» di 3,3 milioni di lavoratori italiani: i dipendenti pubblici.

È il governo a decidere se i contratti si rinnovano o meno: dal 2008 si è deciso di non postare più i soldi necessari per i rinnovi contrattuali, e di soldi non ce ne saranno fino al lontano 2018. Secondo stime accreditate, dal 2009 a oggi i «pubblici» hanno perso in media 4.800 euro di mancati aumenti. Sempre il governo (anche se indirettamente) è la controparte di fatto per 15 milioni di pensionati, di cui può modificare in cento modi l’assegno o le condizioni di vita. Come si comporta il governo, come «azienda»? Tratta bene? «Macché – accusa Rosanna Dettori, numero della Fp-Cgil – è un cattivo datore di lavoro. Non sblocca la contrattazione, eliminando l’unico strumento per aumentare la produttività e la qualità del lavoro pubblico. Taglia i servizi, perché i tagli lineari producono solo un arretramento dello spazio pubblico o ricadono sulla tassazione locale. Abbandona persino l’unica proposta davvero utile: la staffetta generazione, che si tradurrà in miseri 540 assunti invece dei 15.000 promessi».

È vero che il governo non licenzia i pubblici dipendenti, nonostante gli inviti dell’ex- Commissario Cottarelli. Forse i «pubblici» sono troppi (anche se le statistiche dimostrano che in Europa ce ne sono molto di più); di certo sono male utilizzati, come ha anche ammesso il ministro Marianna Madia. Ma è pensabile che il contratto non si rinnovi proprio mai? Per protestare contro il «datore di lavoro» Renzi, i sindacati di categoria hanno unitariamente proclamato per l’8 novembre una manifestazione a Roma.

E saranno invece addirittura tre – a Milano, Palermo e Roma – le manifestazioni dei pensionati del 5 novembre, anche queste indette dalle organizzazioni di Cgil-Cisl-Uil. Spi, Fnp e Uilp chiedono interventi urgenti su reddito da pensione, fisco, welfare, sanità e non autosufficienza. Ma quel che brucia di più è la promessa – non mantenuta – del premier, che aveva detto la scorsa primavera che anche i pensionati poveri avrebbero avuto il bonus degli 80 euro. «È stato proprio Renzi ad annunciarlo – tuona Gigi Bonfanti, leader dei pensionati della Cisl – e poi se l’è rimangiata, deludendo le aspettative che aveva creato. Il problema non è “trattare” con i sindacati, ma ascoltare seriamente le proposte che avanzano».

La Stampa – 29 ottobre 2014 

site created by electrisheeps.com - web design & web marketing

Back to Top