Anche la Confindustria è ottimista. Il Prodotto interno lordo del primo trimestre è salito dello 0,2%, ha detto ieri il suo Centro Studi, ed è destinato ad accelerare. Il Cer ipotizza per il 2015 una crescita dell’economia dello 0,9%, Prometeia ed il Ref dello 0,7%. Il “consenso”, tra gli istituti di previsione, è su una crescita del Pil dello 0,8%, superiore alle ultime stime del governo, che indicavano per l’anno in corso un più 0,6%.
Il quadro della congiuntura migliora, ma per il governo Renzi, che il 3 aprile, in anticipo sul termine del 20, varerà il Documento di economia e finanza con le linee della politica economica e di bilancio del prossimo triennio, i problemi non sono affatto finiti. Il calo dei prezzi petroliferi, la svalutazione del 30% dell’euro sul dollaro, gli acquisti di titoli da parte della Bce, ed il calo della spesa per interessi che ne deriva, rendono più facile la gestione del bilancio. Ma non creano ancora il margine sufficiente per evitare i previsti aumenti dell’Iva e delle accise per 17 miliardi per il 2016 (20 nel 2017).
«L’intenzione del governo è di disinnescare gli aumenti dell’Iva» dicono al ministero dell’Economia. L’aumento delle tasse sui consumi, spiegano, tornerebbe a deprimere la crescita, che è appena ripartita. Secondo Fedele De Novellis, capo economista del Ref l’aumento dell’Iva «toglierebbe un punto alla crescita del pil, dall’1,5% di nuovo allo 0,5%». Per Stefano Fantacone, capo ricercatore del Cer, «il deficit pubblico scenderebbe dal 2,5% del 2015 all’1,3 nel 2016, allo 0,7 l’anno successivo, ma la crescita del Pil crollerebbe dall’1,3% nel 2016 allo 0,8% nel 2017».
Dal calo degli spread sui titoli di Stato, l’allungamento della vita del debito e le operazioni di mercato della Bce, stimano gli istituti di previsione, che hanno appena discusso con l’Ufficio Parlamentare di Bilancio il nuovo quadro delle previsioni, deriverà nel 2015 un risparmio di 5 miliardi, forse di più nel 2016. Per compensare l’aumento dell’Iva e delle accise servono dunque altri 10 miliardi, che Tesoro e Palazzo Chigi contano di recuperare con una nuova tornata di tagli di spesa.
Anche i tagli, tuttavia, hanno un effetto recessivo. Minore, rispetto all’aumento delle tasse, ma ce l’hanno. Così, Renzi e Padoan non escludono di riaprire la discussione con la Ue. Potrebbe essere di nuovo invocata la clausola che consente di avere più tempo per il pareggio mentre si fanno le riforme. Si ragiona sull’ipotesi di confermare l’obiettivo attuale di un deficit 2015 al 2,6%, anche se la crescita dell’economia sarà rivista al rialzo nel Def, o se attestarsi qualche decimo più su, evitando una nuova manovra restrittiva di bilancio. Ed è una decisione tutta politica. «L’alternativa è tra l’aumento delle tasse e duecentomila occupati in più in un anno» dice De Novellis.
Mario Sensini – Il Corriere della Sera – 26 marzo 2015