Anche la ricetta della «crescita nel rigore» voluta da Monti sembra per ora inefficace nella congiuntura. Servono invece investimenti strategici e il rinvio di un anno del pareggio di bilancio
L’Italia rischia di sprofondare in una spirale di tasse, recessione, deficit e nuove tasse. Ma il governo sembra non rendersene conto. La conferma è arrivata proprio in settimana dal Rapporto sulle Entrate Tributarie della Ragioneria e del Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia che fotografa l’effetto perverso della crisi del debito: lo Stato incassa di più rispetto all’anno scorso, ma molto meno di quanto previsto nel Documento di Economia e Finanza (Def). Nei primi quattro mesi dell’anno all’appello sono infatti mancati quasi 3,5 miliardi di euro. Una cifra, quest’ultima, destinata peraltro ad aumentare ulteriormente per gli effetti del terremoto che produrrà un ulteriore calo di gettito sul versante di Iva e Irpef. E per l’incremento delle spese che l’emergenza in Emilia comporta già adesso e che comporterà nel prossimo futuro. I numeri, d’altra parte, parlano chiaro: la ricetta della «crescita prioritaria nella disciplina di bilancio», sulla quale il
presidente del Consiglio Mario Monti insiste paventando il rischio contagio dalla Spagna, non può far fronte alla congiuntura che colpisce il Paese. La strategia di bilancio, centrata sull’aumento della pressione fiscale di tre punti dal 42,5 per cento al 45,4 per cento del Prodotto Interno Lordo, obbedisce certamente ai diktat sul rientro dal debito concertati con le autorità di Bruxelles. Ottavia questa scelta sta soffocando il sistema produttivo delle piccole e medie imprese, già profondamente colpite da stretta sul credito e burocrazia asfissiante, impedendo la ripresa. E inoltre mette in forse l’equilibrio dei conti pubblici riportando in primo piano l’eventualità di una manovra-bis che sia Palazzo Chigi sia la Commissione di Bruxelles avevano peraltro escluso nei giorni precedenti. Monti ha incassato il giudizio positivo del commissario agli Affari Economici, Rehn, sulla solida rotta del risanamento. Ma deve fare i conti con un risultato imbarazzante: il gettito atteso della spending review, circa 4,2 miliardi di euro, è ipotecato dalle spese per l’emergenza e difficilmente potrà essere impiegato per neutralizzare l’aumento delle aliquote Iva in calendario per il mese di ottobre. La questione sorge spontanea: dove si interverrà per recuperare quelle risorse? Il governo si ostinerà a ridurre deficit e debito aumentando le imposte e accelerando un meccanismo controproducente? La speranza è che l’allarme del presidente dellaCorte dei Conti, Luigi Giampaolino, induca ad una riflessione sulla crisi che si avvita: la correzione dei conti pubblici per funzionare fino in fondo deve ridurre le spese e quindi spianare lastra da a riduzioni del carico fiscale per famiglie ed imprese. A questo primo tassello vanno affiancate riforme per stimolare la crescita perseguendo in sede europea la golden rule sugli investimenti strategici e il rinvio di un anno, dal 2013 al 2014, del pareggio di bilancio. Invece Monti ripete che non può evitare un aumento dell’Iva
L’Arena – 11 giugno 2011