La sentenza 4122/13 della Cassazione conferma quanto stabilito dalla Corte europea in materia di utilizzo e/o detenzione di software privo del marchio SIAE, comunemente definito “software pirata”.
La sentenza non considera penalmente rilevante la detenzione e la commercializzazione di supporti elettronici multimediali privi del marchio SIAE, per il periodo fino al 21 aprile 2009. Le disposizioni nazionali con le quali si obbliga all’apposizione del marchio SIAE sui supporti informatici, approvata successivamente all’entrata in vigore della direttiva comunitaria 189/83, sono da considerarsi regole prive di effetti giuridici, fintantoché le medesime non vengano notificate alla Commissione. Il giudice italiano ha dovuto disapplicare la norma interna a favore di quella comunitaria e dovrà agire in tal modo fino a quando non verrà perfezionata la procedura di notifica. La Cassazione si è espressa già con le sentenze 49385/09 e la 42429/10 andando ad evidenziare come il professionista che detenga ed utilizzi software pirata non possa essere perseguito penalmente. Quest’ultima ha assolto un avvocato a cui era stata contestata la violazione sul diritto d’autore per aver fatto uso, nel corso della propria attività professionale, di software piratati, ovvero senza licenza e per di più duplicati dagli originali (la Cassazione aveva successivamente accolto il ricorso osservando che l’attività professionale, nel caso quella dell’avvocato, non rientra “in quella commerciale o imprenditoriale” prevista dalla norma e pertanto al professionista non poteva essere contestato alcun reato in merito). Si può concludere che per la Corte di Cassazione non è possibile estendere per analogia anche ai professionisti il reato di detenzione ed uso si software pirata in quanto la propria attività non rientra nell’ambito della nozione di commercio o impresa.
13 marzo 2013