Da qualche ora Matteo Renzi ha firmato il decreto che lo nomina. Il deputato del Pd e consigliere economico del premier Yoram Gutgeld, 55 anni, nato a Tel Aviv e naturalizzato italiano da decenni, è il nuovo commissario alla revisione della spesa.
Il governo aveva smesso di parlare di spending review.
Perché ritirarla fuori proprio ora?
«Il governo non l’ha mai accantonata. Sul 2015 abbiamo ridotto la spesa corrente (al netto delle pensioni) in termini nominali, cioè in quantità di euro di uscite dello Stato. Non lo ha fatto nessun Paese in area euro salvo quelli sottoposti ai programmi di salvataggio. Non lo ha fatto neanche la Germania dieci anni fa. Carlo Cottarelli, che è occupato di spending review prima di me, si è dimesso in autunno e poi abbiamo avuto l’elezione del capo dello Stato e le riforme istituzionali. Ora si riparte».
A proposito di Cottarelli, dove sono finite le sue proposte?
«Le metteremo in rete nei prossimi giorni».
Che obiettivi vi date, quanto volete tagliare?
«Questo dovremo vederlo anche in base al Documento di economia e finanza, che stiamo preparando. L’ottica degli interventi sulla spesa sarà almeno biennale».
La nuova spending review serve a evitare che, se i conti non tornano, scattino le clausole di aumento dell’Iva?
«Sicuramente abbiamo la priorità assoluta di eliminare le clausole di salvaguardia per il 2016 e 2017, in modo da mantenere la riduzione delle tasse e, se possibile, aumentarla. Ma la revisione sarà diversa rispetto al passato: sarà di riduzione, ma anche di riallocazione e riqualificazione della spesa».
Significa che volete spostare risorse dalle pensioni medioalte alla lotta alla povertà?
«La povertà è un tema prioritario. Per quanto riguarda le pensioni, abbiamo valutato la questione e la decisione politica è stata di non riaprirla. Ciò non significa che non ci siano aree alle quale può essere utile guardare: per esempio ci sono differenze enormi fra regioni nel numero di pensioni d’invalidità. Poi c’è un tema strutturale: oggi l’assistenza sociale è frammentata fra Istituto nazionale di previdenza, Comuni, Aziende sanitarie locali. È tutto scoordinato. Finisce che alcuni godono di tre prestazioni, altri di nessuna. È un modello che svantaggia i poveri a favore di chi sa muoversi meglio nel sistema».
Chiederete nuovi tagli agli enti locali?
«A loro abbiamo già chiesto molto. Ora dobbiamo dare più attenzione allo Stato centrale, rivedere la spesa dei ministeri e tutto il settore trasporti e infrastrutture, dove spendiamo con un’efficienza certo non ai massimi ».
Ha idee di possibili risparmi per lo Stato centrale?
«Bisognerebbe razionalizzare la presenza territoriale dello Stato centrale fra questure, prefetture, provveditorati agli studi, corpi di polizia. Poi ci sono gli incentivi alle imprese. Tutte aree in cui c’è del lavoro da fare».
Pensa a economie di scala fra forze dell’ordine?
«In Italia abbiamo cinque corpi di polizia, è qualcosa che merita un progetto più strutturato ».
Non dica che con tutti questi progetti allo studio non ha idea dei suoi obiettivi di risparmio…
«In prospettiva sul 2016, arrivare a 10 miliardi sarebbe già molto importante. La spesa corrente, sempre al netto delle pensioni, è di 350 miliardi circa. Sono fiducioso che i margini si troveranno, ripartendo con una collaborazione più stretta con enti e ministeri e avendo il disegno di legge sulla pubblica amministrazione che ora consente di fare interventi strutturali».
Gli stipendi pubblici sono già bloccati da anni. Davvero volete continuare sulla stessa linea?
«Non c’è un impegno, ma spero che i contratti si possano sbloccare. Non dimentichiamo che con la nuova legge ci sono due elementi nuovi. Prima chi aveva bisogno di personale poteva solo assumere, ma ora possiamo spostare il personale da altri uffici e lo stiamo già facendo dalle provincie ai tribunali. L’altra novità è l’uso delle tecnologie: oggi nelle strutture periferiche, le questure, le prefetture, i provveditorati, tutto è impostato sul modello napoleonico. Tutto è duplicato in ogni provincia, senza economie di scala».
Volete mettere questi uffici in palazzi unici?
«Le amministrazioni dovranno presentare entro giugno un piano di riduzione degli spazi e l’Agenzia del demanio avrà il compito di intervenire se questi piani non sono sufficienti. Sto lavorando sulla base del concetto statunitense di Federal Building, il palazzo con un front office dove il cittadino trova tutti gli uffici dello Stato. Ci vorrà qualche anno, ma con le tecnologie digitali oggi è possibile».
Quando lei parla di trasporto pubblico e incentivi alle imprese, si riferisce agli 8 miliardi che vanno alle Fs?
«Mi riferisco al fatto che abbiamo un trasporto pubblico locale con molte sovrapposizioni, un utilizzo inefficiente dei mezzi e molti più sussidi che per esempio in Germania. Per garantire prezzi dei biglietti altrettanto contenuti, in Italia lo Stato, cioè il contribuente, deve pagare di più».
Dunque il costo del trasporto pubblico salirà?
«No, va reso più efficiente e aperto alla concorrenza. Quanto a Fs, abbiamo una rete ad alta velocità costata molto di più che in altri Paesi. È dovuto alla geografia, ma anche alla scelta fatta di creare anche una capacità di trasporto merci ad alta velocità che non dà vantaggi, perché poi non viene usata».
Dalla lista dei tagli continuano a mancare le municipalizzate.
«Abbiamo chiesto agli enti locali azionisti di presentare in aprile piani di razionalizzazione ».
Un po’ come far votare il Natale ai tacchini, non trova?
«Se le loro proposte non bastano, interverremo. Il metodo è quello dei costi e fabbisogni standard, e della trasparenza in rete. Per esempio nella raccolta rifiuti negli ultimi due anni c’è stato un enorme aumento dei costi, che sono tasse occulte per i cittadini. Stessa cosa sulla sanità: d’accordo con il ministro Beatrice Lorenzin, useremo costi e fabbisogni standard. Non diciamo agli enti locali di spegnere la luce alle 10 di sera, ma ciascuno deve funzionare al pari dei migliori».
In concreto, significa tagli alla sanità?
«In concreto, puntiamo a ragionare non solo a livello aggregato delle varie regioni ma, lavorando con esse, su costi e fabbisogni standard della singola azienda ospedaliera».
Quanto percepirà come commissario alla spending review ?
«Non sono previsti compensi. Ho già quello da deputato».
Repubblica – 28 marzo 2015