Non credo che sia casuale il fatto che i reportage e le inchieste sulla qualità del cibo siano più seguite dei racconti politici: i primi incidono sulla qualità della vita, i secondi no. Ora, se l’informazione è centrale nelle scelte che facciamo, non capisco il motivo per cui una cosa ben più grande del rapporto Oms sia da mesi e mesi tenuta sotto silenzio. Si tratta del Ttip, cioè il trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti; un mega accordo commerciale di libero scambio che interessa Stati Uniti e l’Europa.
Questo Ttip interessa 800 milioni di consumatori, cioè il 40% del pil mondiale. Di questo accordo i nostri politici non sanno nulla sebbene a breve saranno chiamati a esprimersi in parlamento. E nulla sanno i nostri consumatori i quali se sapessero cosa si nasconde nel mega accordo di cui stiamo scrivendo a ragione potrebbero cominciare a preoccuparsi. A Berlino alcuni giorni fa centinaia di migliaia di persone hanno manifestato contro il Ttip e tre milioni di cittadini hanno firmato una petizione per chiedere l’immediata sospensione dei negoziati.
Il trattato transatlantico viene scritto, discusso e limato in segrete stanze. I governi sono attori secondari. I parlamenti manco considerati. Gli organi d’informazione sono troppo presi a raccontare le ruberie della casta per alzare la testa e vedere che potenti lobby brigano per manipolare le nostre scelte. E meno male che il Ttip viene spacciato come accordo di libero scambio. Cosa c’è di libero in un accordo segreto? Libertà fa rima con conoscenza non con segretezza.
Nei giorni scorsi in Europa (nei cui palazzi le lobby sguazzano che è una meraviglia) hanno deciso che i governi non potranno più opporsi agli Ogm né potranno vietare gli insetti nei menu dei ristoranti. Ecco, la stessa Europa che si preoccupa di dare il via libera al latte in polvere per fare il formaggio – mentre considera pericolose le muffe nei formaggi o fuorilegge i formaggi coi vermi – accetta gli interessi commerciali di altri colossi. L’identità culturale non deve valere più nulla; ciò che vale è il cibo come business.
È questo il comandamento che ispira la filosofia del Ttip, che inserisce proprio gli alimenti trattati nell’elenco delle materie oggetto dell’accordo assieme alla metallurgia, ai prodotti chimici, al manifatturiero, ai trasporti e agli autoveicoli. L’Unione europea, proprio per la ricchezza pro capite dei suoi cittadini, è il principale mercato ma ha dei vincoli che restringono il campo d’azione dell’export americano. Con questo accordo di “libero scambio” gli Stati Uniti supereranno i loro dazi chiedendo in cambio il superamento dei vincoli europei. In altre parole fingono di aprire a quote d’ingresso ma puntano al mercato europeo americanizzandolo ancor più. Negli States l’uso nelle carni di antibiotici, steroidi e intrugli chimici vari sono la norma; del resto servendo un mercato assai carnivoro, si può capire. È una loro scelta, che pagano in termini di salute oltre che di gusto. In Europa questo non si può fare, per quanto le maglie si siano allargate parecchio. Un esempio: in Europa è vietato disinfettare i polli col cloro, in America è prassi. Col Ttip i polli trattati col cloro potranno andare in commercio. È solo uno dei tantissimi esempi di vincoli che le lobby statunitensi stanno negoziando riservatamente al fine di un superamento. Altri punti critici riguardano le controversie giudiziarie: per farla breve, i governi ex post non potranno chiudere a merci che considera nocive o a servizi che considera ingannevoli o peggiorativi per i cittadini. Ecco cosa contano i governi nella nuova era.
Insomma nelle segrete stanze si sta demolendo un’importante fetta di libertà, si stanno demolendo i diritti dei consumatori proprio mentre i diritti dei consumatori diventano un dibattito centrale. Per non dire della riservatezza dei dati sensibili. Col Ttip, il cittadino perde la propria centralità diventando solo un consumatore. E più il suo potere d’acquisto è basso e maggiormente sarà servito dalla globalizzazione del low cost, dal mondo a taglia unica. Non è così difficile capire la segretezza delle trattative: meno le persone sanno, meglio è. Altro che libero scambio…
Gianluigi Paragone – Libero – 31 ottobre 2015