Un decreto regionale dà tempo fino al 2019 per presentare i documenti. Lorenzin: saranno responsabili di eventuali epidemie. Intanto la Lombardia congela le proroghe
Strappo del Veneto sulla vaccinazione obbligatoria per l’ingresso ai nidi e alle materne. In un decreto firmato dal direttore generale della Sanità Domenico Mantoan viene prevista una moratoria fino all’anno scolastico 2019-2020 per la presentazione dei documenti che attestano l’avvenuta esecuzione dei vaccini o la volontà di farli. L’intenzione della Regione guidata da Luca Zaia (Lega) è di non lasciare nessun bambino già iscritto fuori da scuola fino ad allora.
Una scelta definita ieri dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin contra legem . Il provvedimento del Veneto arriva proprio nel giorno in cui la Lombardia, con l’intervento del governatore Roberto Maroni (Lega), congela i pluriannunciati 40 giorni di proroga nell’applicazione della normativa nazionale: «Non vogliamo uno scontro con il governo».
Dubbi interpretativi
Le ultime circolari dei ministeri della Salute e dell’Istruzione ribadiscono le regole: per ammettere a scuola i bambini tra 0 e 6 anni i genitori devono consegnare entro il 10 settembre la documentazione che comprova l’effettuazione di 10 vaccini (poliomelite, difterite, tetano, epatite B, pertosse, Haemophilus influenzae B, morbillo, rosolia, parotite e varicella per chi non l’ha già fatta) oppure la richiesta di appuntamento per eseguire i mancanti.
Ma il Veneto, che negli ultimi dieci anni ha puntato sul convincimento delle famiglie senza imporre obblighi, si appella a possibili incongruenze della legge Lorenzin (da un lato le norme parlano di «documentazione come requisito di accesso», dall’altro per l’anno 2019/20120 viene spiegato: «La mancata presentazione della documentazione comporta la decadenza dall’iscrizione»).
Sulla questione la Regione ha presentato anche un ricorso alla Corte Costituzionale. Il direttore generale Mantoan spiega al Corriere : «In attesa di chiarimenti dai ministeri, finora contattati inutilmente, ho cercato di porre un argine al caos che si sta creando in Veneto, soprattutto dopo che a Verona quattro bimbi non sono stati ammessi al nido. Dalla legge non emerge in modo chiaro se le misure di restrizione alla frequenza scolastica siano applicabili sin dall’anno scolastico 2017/2018 e per l’anno scolastico 2018/2019, per i bambini già iscritti a nidi e materne».
Delibera sospesa
E ci sono problemi anche in Lombardia. Pochi giorni fa l’annuncio dell’assessore alla Sanità Giulio Gallera (Fi): «Approveremo una delibera per aiutare le famiglie distratte o non ancora convinte. Le scuole avranno 10 giorni di tempo per segnalarci chi non è in regola. Nei successivi 15 giorni i genitori verranno invitati a un incontro, entro altri 15 dovrà essere eseguita la vaccinazione. Solo chi neanche allora sarà a posto, verrà considerato inadempiente (ossia inammissibile a scuola, ndr )».
Ieri però, dopo un’animata riunione di Giunta, il provvedimento non arriva. Il ripensamento è, con ogni probabilità, dovuto a una lettera recapitata in mattinata e indirizzata all’assessore Gallera, dove i ministri Beatrice Lorenzin e Valeria Fedeli mettono in allerta la Regione: «Qualunque interpretazione diversa della legge potrà ritenersi contra legem con le conseguenti responsabilità derivanti dalla mancata attuazione di disposizioni di legge finalizzate alla tutela della salute pubblica». (Simona Ravizza – Il Corriere della Sera)
La nuova mossa del governatore del Veneto Luca Zaia contro i vaccini fa scattare l’allarme rosso al ministero della Salute. «Reagiremo in tutti i modi, perché è in gioco la salute dei cittadini veneti. Gli amministratori devono sapere che si stanno esponendo a gravi responsabilità», ragiona la ministra Beatrice Lorenzin con i suoi collaboratori.
La ministra ha passato il pomeriggio di ieri in costante contatto con gli uffici legislativi del ministero per studiare un ventaglio di possibili azioni. Tra queste la più probabile è impugnare davanti al Tar il decreto firmato dal direttore generale della Sanità veneta Domenico Mantoan che, in sostanza, consente per quest’anno alle famiglie di iscrivere i bambini agli asili e a scuola senza presentare i documenti che accertino di aver eseguito le vaccinazioni obbligatorie previste dal decreto Lorenzin. Ma allo studio c’è anche una ipotesi più dura, che si muove dentro i paletti fissati dallo stesso decreto convertito in legge a fine luglio: e cioè esercitare il potere sostitutivo da parte del governo. E arrivare a un commissariamento della Regione Veneto motivato dal rischio per la salute.
LA MINISTRA AVVERTE: «SARANNO RESPONSABILI DI EVENTUALI EPIDEMIE. IL DIVIETO È SACROSANTO»
Ministra Beatrice Lorenzin, ha saputo dell’ iniziativa del Veneto? Una moratoria fino al 2019 perché la norma sulla decadenza dell’iscrizione alle scuole di infanzia non sarebbe chiara.
«Ci riserviamo tutte le azioni di nostra competenza, il decreto del Veneto non è sostenibile. Se derogano di due anni, si assumono la responsabilità di quello che può accadere in ogni struttura e ai singoli alunni. L’epidemia di morbillo non è finita. Nel 2017 sono stati oltre 4.300 i casi, non c’è altro da aggiungere per spiegare la gravità della situazione».
Il Veneto confida nella sospensiva richiesta alla Corte Costituzionale. E se venisse accolta?
«Siamo molto tranquilli e sereni sulla correttezza di un provvedimento a difesa della tutela della salute, principio previsto dall’articolo 32 della Costituzione. Sono misure necessarie per difendere la collettività. Fino al 1999 l’obbligo è stato molto più stringente eppure la legge di allora non è mai stata messa in dubbio per decenni. La mia generazione e le precedenti la accettavano senza sollevare polemiche».
Perché adesso il clima è cambiato?
«Noi in verità abbiamo riscontrato un enorme consenso popolare. Le famiglie italiane hanno paura per i figli. Le istituzioni negli ultimi anni hanno dato per scontato che ci fosse consapevolezza sull’importanza delle vaccinazioni, invece è venuta a mancare. E in questo vuoto si sono inseriti i free vax con le loro teorie strampalate e prive di ogni fondamento scientifico, rilanciate dai social. Leggende metropolitane gigantesche».
Però gli obiettori irriducibili restano una realtà di cui tener conto. O no?
«Ci vorrà tempo ma la legge avrà successo. Si è riattivato un movimento culturale a favore della prevenzione. Raggiungeremo le coperture vaccinali necessarie a garantire l’immunità di gregge cioè la protezione di tutti i cittadini, compresi quelli che rifiutano la profilassi. I free vax parlano di libertà di scelta, noi di libertà dalle malattie infettive».
Ci saranno bimbi liberi di andare a scuola senza l’antipolio o l’antimorbillo?
«Assolutamente no, senza vaccini non si entra. È un divieto sacrosanto. In questa fascia scolastica, da 0 a 6 anni, convivono bambini di età diverse. Quelli sotto i 6 mesi rischierebbero di essere contagiati dai più grandi e di essere colpiti da infezioni gravi come il morbillo, che quest’anno nel 46% dei casi ha richiesto il ricovero in ospedale».
Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, ha dichiarato che sosterrà i ricorsi degli obiettori. Che ne dice?
«Spero torni sui suoi passi, come la Lombardia che aveva annunciato una proroga di 40 giorni sulla scadenza del 10 settembre per presentare la documentazione a scuola. Il presidente Maroni ha affermato ieri che non vuole scontri col governo e che non c’è una posizione di conflittualità. I pediatri pugliesi hanno poi condannato l’atteggiamento di Emiliano».
Però non mancheranno altre proteste da parte delle famiglie, dopo i casi di Palermo e Verona e le minacce al sindaco di Uboldo.
«Abbiamo allargato enormemente, attraverso l’ultima circolare congiunta con la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, la rosa delle modalità per non veder negato l’ingresso a scuola. Procedure semplici, basterà una telefonata per l’appuntamento alla Asl. Chi è mosso dalla volontà di adempiere alle nuove norme ha le porte spalancate. Tutto il resto è pretestuoso. Al sindaco di Uboldo va la mia solidarietà».
C’è chi auspica l’obbligatorietà delle vaccinazioni anche per gli operatori sanitari. È d’accordo?
«La legge prevede l’autocertificazione sul proprio stato vaccinale da presentare alla struttura di lavoro. L’opportunità di introdurre l’obbligo è stata valutata e respinta durante la discussione in Parlamento. Non si è trovata la strada». (Margherita De Bac – Il Corriere della Sera)
5 settembre 2017