«Assumere i medici specializzandi». Le Regioni adottano il modello veneto. Un sì unanime anche ai camici bianchi in corsia fino a 70 anni e ai contratti autonomi. Ma Anaao attacca Palazzo Balbi: «Sta privatizzando la salute a danno del pubblico»
La sanità è in debito d’ossigeno e la Conferenza delle Regioni prova a correre ai ripari adottando il “modello Veneto”, giudicato, nell’immediato almeno, una prima risposta efficace alla scarsità di medici ospedalieri. Con voto unanime, i governatori hanno approvato un documento che sollecita il Governo a «consentire l’ingresso nel sistema sanitario anche ai laureati in medicina privi di diploma di specializzazione a causa del numero insufficiente di contratti di formazione finanziati dallo Stato» e di garantire loro «il conseguimento del titolo» attraverso il lavoro in corsia accompagnato dalla frequenza alle scuola di specialità. Ma la proposta – inoltrata al ministro Roberto Speranza, con la richiesta che sia recepita dal governo «nel primo provvedimento urgente» -comprende altre novità; si chiede infatti di consentire ai veterani in camice bianco, su base volontaria, di rimanere in servizio fino ai settant’anni di età superando il limite attuale dei 40 anni di servizio; ciò per salvaguardare un patrimonio di conoscenze ed esperienza utile, oltre che ai pazienti, alle nuove generazioni di medici. Ancora: qualora, nel prossimo triennio, «sia impossibile reclutare medici dipendenti o convenzionati», si prevede il ricorso a «contratti di lavoro autonomo» per gli ospedalieri, anche finalizzati allo svolgimento delle funzioni ordinarie. È la strada già intrapresa dall’amministrazione veneta con le delibere d’agosto firmate da Luca Zaia e dall’assessore Manuela Lanzarin, decisamente soddisfatti della svolta: «Abbiamo un pacchetto di proposte concreto, organico e condiviso, la questione è nazionale e urgente, perché mancano 56 mila medici in Italia, dei quali 1300 in Veneto. Mi auguro che il documento odierno venga preso in ampia considerazione dal ministero», è il commento del governatore, che ha preso parte al meeting romano in compagnia di Lanzarin, lesta a rivendicare il valore delle «misure adottate in emergenza che tuttavia esigono un intervento nazionale che accompagni i nostri sforzi» e rilancia «la collaborazione avviata con le università del territorio e l’Ordine professionale».
Non solo riconoscimenti, però. Un duro attacco a Palazzo Balbi giunge dall’Anaao Asso-med, il più rappresentativo sindacato dei medici. «In questi anni, le dotazioni organiche di personale in Veneto sono state volutamente tenute basse perché Zaia persegue un disegno di privatizzazione progressiva dei servizi e degli ospedali», è l’atto d’accusa del leader regionale Adriano Benazzato «il governatore afferma di aver limitato la presenza privata al 12% ma ciò non corrisponde al vero. I dati dell’agenzia ministeriale Agenas documentano che in ambito regionale, dopo nove anni di gestione leghista, tale percentuale è raddoppiata, arrivando al 28% nell’attività ambulatoriale e al 24% in quella di ricovero». Non basta. «In cinque anni, dal 2012 al 2017, il servizio pubblico veneto ha perso il 6, 39% di strutture e il privato ne ha guadagnato l’8, 84%», incalza Benazzato «e ciò è avvenuto ad esclusivo vantaggio dei soggetti accreditati “con il paracadute”, ovvero con un rischio di impresa ridottissimo praticamente pari a zero o quasi poiché garantito dai rimborsi pubblici della Regione». Morale della favola? «L’obiettivo di Zaia e della Lega è quello di raggiungere lo standard della Lombardia di Formigoni per conseguire la privatizzazione dell’offerta sanitaria».
Filippo Tosatto – Il Mattino di Padova