Il Corriere della Sera. Quattro regioni a rischio epidemiologico moderato — Abruzzo, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte — sei in cui si osserva una tendenza di (lieve) aumento dei contagi Covid: le stesse quattro, inevitabilmente, a cui si aggiungono Lazio e Lombardia. Nella mappa pubblicata dalla Protezione civile la curva induce a non considerare archiviata l’emergenza nonostante la buona copertura vaccinale della popolazione, arrivata all’86,01% in prima dose (46,45 milioni di persone) e all’82,09% a ciclo completo (44,33 milioni). Nell’ultima settimana c’è una leggera risalita del numero di casi Covid: ieri 3.908, venerdì 3.882, giovedì 3.794, mercoledì 3.702, martedì 2.697, lunedì 1.597 (dato però condizionato dal minor numero di test del giorno precedente), domenica 2.437. «La situazione è sotto controllo», rasserena Silvio Brusaferro, numero uno dell’Istituto superiore di Sanità.
Perché il dato chiave è il tasso di positività rispetto ai tamponi rimasto quasi invariato seppur con un leggero rialzo dallo 0,6 allo 0,8% negli ultimi sette giorni. Il numero di test d’altronde è schizzato verso l’alto per l’obbligo di green pass nei luoghi di lavoro che ha costretto molti non vaccinati a sottoporsi alle rilevazioni antigeniche o molecolari. Ieri 491.574 test, venerdì 487.218, giovedì 574.671, mercoledì 485.613, martedì 662.000 (record assoluto), lunedì 219.878, domenica 17 effettuati 381.051 test.
Non c’è alcun allarme, però occorre fare ancora attenzione visto lo scenario internazionale e i casi preoccupanti di Regno Unito (alto numero di positivi) e Russia (che registra un alto numero di decessi, ormai oltre quota mille al giorno). L’indice di trasmissibilità della variante Delta è tra il 40 e il 60% superiore a quello del ceppo dell’anno scorso quando la curva epidemiologica stava andando fuori controllo portando a chiusure e coprifuoco. Il 23 ottobre del 2020 avevamo oltre 12 mila casi al giorno e ai primi di novembre il dato avrebbe poi superato i 40 mila contagi. Dunque l’effetto vaccini è evidente. Senza questa buona copertura di comunità — a cui mancano all’appello oltre 7,6 milioni di over 12 — saremmo con tutta probabilità dentro un’altra pesante ondata di contagi, ospedalizzazioni e decessi. Stiamo riuscendo ad evitarla ma l’obiettivo del governo è arrivare al 90% di immunizzati ai primi di novembre (oltre 48 milioni di italiani) e per riuscirci, sottolineano i responsabili della campagna vaccinale, serve uno sforzo di responsabilità sociale da parte di almeno un milione e mezzo di persone.
L’andamento delle prime dosi di questi ultimi giorni non induce però a grandi slanci di ottimismo. Dopo un rimbalzo di prime somministrazioni a ridosso del 15 ottobre — giorno in cui è entrato in vigore l’obbligo di green pass nei luoghi di lavoro — la curva di nuovi «coperti» sta lentamente declinando. Ieri solo 15.442 prime dosi (ma il dato è relativo alle ore 21.13, ultimo aggiornamento), venerdì 29.124, giovedì 31.609, mercoledì 34.744, martedì 38.630, lunedì 47.572, domenica scorsa 28.890 (giorno festivo di naturale flessione), sabato 16 ottobre 51.787, venerdì 15 ottobre 70.710, il 14 ottobre 75.740. Con l’attuale tasso di nuovi vaccinati — prendendo in considerazione il dato di venerdì di quasi 30 mila prime dosi — servirebbero quasi due mesi per arrivare al 90% di vaccinati.
I vaccini. L’86% dei cittadini ha fatto almeno un’iniezione, l’82 ha completato il ciclo
Intanto però c’è da attenuare l’arrivo della stagione influenzale e delle temperature invernali che riducono la vita sociale all’aperto. Costringendoci al chiuso la trasmissibilità del virus aumenta. Con un ulteriore elemento di preoccupazione: nell’ultimo mese si sono registrati 1.444 contagi tra gli operatori sanitari, segnala l’Istituto superiore di Sanità. Nell’ultima settimana 371 nuove infezioni rispetto ai 306 casi dei sette giorni precedenti. Significa che occorre coprire questa categoria al più presto con la terza dose. Perché molti hanno avuto la seconda ben oltre sei mesi fa.