Il fumo intenso e scuro si vedeva già dal centro di San Donà ieri verso mezzogiorno, quando le fiamme sono divampate nell’azienda di Gualtiero Bisiol, in via Filzi 16, nell’immediata periferia di Musile e ai confini con Fossalta di Piave.
Sarebbe stata la scintilla di un flessibile incandescente, utilizzato per tagliare delle gabbie per i polli, a scatenato un incendio di vaste proporzioni in uno dei capannoni dell’allevamento con 40 mila polli che produce 30 mila uova al giorno. Solo nel pomeriggio è stato escluso l’allarme chimico, dopo che le fiamme hanno bruciato plastiche, amianto, impianti fotovoltaici installati sul tetto. Non c’è stato sequestro, ma l’area è stata interdetta per sicurezza. Il sindaco Gianluca Forcolin ha firmato un’ordinanza per lo smaltimento del materiale bruciato e pericoloso. Il 70enne titolare, Gualtiero Bisiol, si è precipitato ai capannoni dalla vicina abitazione e per primo si è gettato in mezzo al fumo per spegnere le fiamme con gli strumenti che aveva, tra cui una canna per l’acqua. Impresa titanica e impossibile, ma già erano stati chiamati i pompieri al 115. L’allarme è scattato subito e sul posto sono arrivati i vigili del fuoco con le squadre di San Donà e Mestre, sette mezzi e 25 pompieri, con il nucleo chimico, che hanno applicato il protocollo di emergenza.
Le fiamme sono state spente in breve tempo, ma in tutto il Basso Piave si vedeva una sorta di enorme “fungo” di fumo scuro che si levava da via Filzi. Una scena che ha impressionato i cittadini, preoccupati per una possibile bomba chimica esplosa in qualche punto tra Noventa, Musile e Fossalta. Sono stati raccolti dei campioni di aria già inviati all’Arpav di Venezia per gli accertamenti su eventuali inquinamenti pericolosi che possano rappresentare un rischio per la salute dei residenti.
Sul posto, oltre all’Arpav, anche i carabinieri, quindi l’Asl 10. Non sono state necessarie evacuazioni, ma il sindaco Gianluca Forcolin ha voluto tutti i ragguagli dalla polizia locale che ha scattato anche delle foto. «Sono in atto gli accertamenti di tutti i soggetti coinvolti», ha rivelato, «c’era materiale in eternit, impianti fotovoltaici sulla copertura. Non c’è stato il danno ambientale, ma cercheremo di capire se siano state adottate tutte le precauzioni e misure necessarie da parte dell’azienda che sulla base dell’ordinanza dovrà smaltire e bonificare l’area per motivi di sicurezza”. I danni sono molto elevati, sui due-tre milioni di euro.
La Nuova Venezia – 16 maggio 2013