La crisi morde e i consumi scendono, ma nonostante il quadro sfavorevole l’industria alimentare, con oltre 6mila aziende, 400mila addetti e un fatturato di 130 miliardi, continua a tenere. E non solo.
Gli imprenditori infatti prevedono di rilanciare sul fronte delle assunzioni , mentre l’export dà una salutare boccata d’ossigeno al settore. Anche se le vendite all’estero non «possono fare miracoli» continuano a crescere pur se con passo ridotto: nei primi sette mesi l’incremento è stato del 7,8% (era del 10% nel 2011). È il quadro tracciato oggi in occasione del Forum dei giovani imprenditori di Federalimentare che si è svolto a Roma. Sette aziende su 10 hanno in programma nuove assunzioni nei prossimi due ann i Sette aziende su 10 hanno infatti in programma nuove assunzioni nel biennio 2013-2014. «Ci sarà grande spazio per i giovani – ha dichiarato il presidente dei giovani industriali del settore, Annalisa Sassi – sia nella manodopera si in termini di nuova imprenditorialità. Ma l’industria ha bisogno di una politica industriale vera. È a rischio la competitività del settore se le risorse per il finanziamento e l’autofinanziamento vengono falcidiate da oneri e tasse». Sassi: consumi giù, tiene solo l’export I giovani dunque non perdono l’ottimismo anche se il settore alimentare non esce indenne dalla crisi. «Dal 2008 – ha sottolineato Sassi – perdiamo due punti percentuali di consumi ogni anno, scopriamo che i prezzi e le promozioni muovono gli acquisti ben più dei brand e della qualità dei nostri prodotti, scopriamo che la famiglia italiana riduce le cosiddette spese libere». Si chiede meno burocrazia I giovani imprenditori sono anche consapevoli dei limiti delle imprese e sono pronti a fare la loro parte, ma chiedono supporto dallo Stato. «Il sistema economico italiano stenta a reggere il confronto europeo. E noi – ha sottolineato la leader dei giovani – lo verifichiamo giornalmente quando ci confrontiamo con i nostri concorrenti europei».Solo nel campo dell’energia i costi per KW in Italia superano del 40% la media europea, nel campo dei rifiuti del 30%, nelle infrastrutture e reti del 60%, nei servizi bancari ed assicurativi i costi per conto corrente, per carta di credito e i costi per fidi superano la media europea dell’ 80%, per non parlare di fideiussioni ed assicurazioni. Da qui la richiesta non di aiuti, ma di meno burocrazia e più strumenti per competere. La ricetta dei giovani imprenditori di Federalimentare punta dunque sull’armonizzazione a livello europeo dei costi di sistema, di una gestione dei servizi efficiente e efficace, che si basi sui prezzi reali, e non drogati dalla possibilità del debito e su un maggiore sostegno all’export. Una politica dunque finalizzata a riconoscere all’industria alimentare il suo ruolo strategico. Le imprese chiedono una politica industriale vera Il presidente di Federalimentare, Filippo Ferrua Magliani, ha ribadito che il settore attraversa un momento difficile con la produzione in calo dell’1,6%, ma ha confermato la tenuta dell’export. «È su questo – ha ribadito Ferrua – dobbiamo puntare anche attraverso un maggior sostegno delle istituzioni per favorire le esportazioni: promozione all’estero agevolata, contrasto a contraffazioni e italian sounding, abbattimento delle barriere sanitarie». Catania : settore di grandi potenzialità Il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, da parte sua ha aggiunto che «Sul lungo periodo l’industria alimentare è tra i settori che ha potenzialità maggiori. Negli ultimi dieci anni l’export è salito dell’80%, in misura doppia rispetto al resto dell’industria. Inoltre – ha aggiunto – è un comparto che non batte cassa, non chiede sovvenzioni o incentivi e ha una dinamica di relazione con la manodopera tra le migliori nello scenario industriale».
Ilsole24ore.com – 29 settembre 2012