Per due mesi esatti l’Europa è rimasta in silenzio di fronte alla crisi politica italiana. Nessun commento, nessun ammonimento. Ma ora i rischi iniziano a intravedersi perché — come ormai si ripete a porte chiuse a Bruxelles — l’Italia non è la Germania e non può permettersi un vuoto di potere troppo prolungato. Avvertimento che ieri è stato portato in chiaro nelle previsioni economiche di primavera della Commissione europea: « L’incertezza politica italiana è diventata più pronunciata e, se prolungata, potrebbe rendere i mercati più volatili, intaccare il sentimento economico e i premi di rischio». Come dire, i partiti dovrebbero ragionare con maggiore responsabilità e trovare una soluzione allo stallo altrimenti i mercati potrebbero punire il Paese.
Partendo dalla crescita, per Bruxelles quest’anno l’Italia registrerà un’espansione dell’1,5%, ma resta il peggior dato dell’Unione, che in media viaggia al 2,3%, insieme a quello del Regno Unito ( che però sconta la Brexit). Oltretutto nel 2019 la ripresa italiana rallenterà all’ 1,2%. Grazie agli sgravi scende la disoccupazione (10,8 e 10,6% nel 2018- 2019) così come il debito dal picco del 131,8% registrato nel 2017 grazie alla ripresa calerà al 130,7% nel 2018 e al 129,7% nel 2019. Ma resta un macigno, il secondo più alto d’Europa ( dopo la Grecia), e un enorme fattore di rischio. In una situazione del genere — per usare le parole del vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis — «l’Italia dovrebbe sfruttare i trend positivi per sbloccare il potenziale di crescita e accelerare la creazione di posti di lavoro».
E invece il Paese non solo è immobile, ma non ha nemmeno messo a segno il risanamento minimo del deficit previsto da Bruxelles che con un maxi-sconto pre elettorale per il 2018 si era limitata a chiedere una correzione dello 0,3%, ovvero di 5,2 miliardi. Non pervenuto, sottolineava ieri il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici: «Gli sforzi fatti dall’Italia sono pari a zero». Al contrario di quanto sostenuto dal Tesoro, il deficit quest’anno è inchiodato all’1,7%, come nel 2017, e il buco nei conti individuato nei mesi scorsi da Bruxelles si è ampliato.
Tuttavia si rischia lo stallo, visto che la Commissione al momento per non interferire sulle trattative per la formazione del governo non è intenzionata a ingiungere formalmente la manovra bis da 5,2 miliardi. D’altra parte il Tesoro ieri si è detto certo «che la contabilità definitiva del 2018, che potrà essere apprezzata soltanto nella primavera 2019, mostrerà un andamento in linea con le regole Ue » . Traducono fonti governative: «Noi la manovra non la facciamo, né ora né nei prossimi mesi » . Insomma, Bruxelles non si prepara ad affondare il colpo (e potrebbe non farlo nemmeno nei prossimi mesi) e Via XX settembre vuole resistere, aspettare il prossimo anno per i dati finali del 2018 scommettendo che miglioreranno o che comunque la Commissione a pochi mesi dalle elezioni europee del maggio 2019 non metterà l’Italia in procedura per deficit e debito temendo di aizzare i populisti prima del voto.
Intanto il 23 maggio la Commissione pubblicherà le sue raccomandazioni sull’Italia all’interno delle quali si dovrà esprimere anche sulla correzione per il 2019 da inserire nella finanziaria di ottobre: le regole Ue a un Paese con i dati italiani imporrebbero un risanamento dello 0,6%, ovvero dieci miliardi e mezzo ( ai quali in linea teorica si potrebbe sommare un ulteriore buco intravisto sul 2019 di altri 3,5 miliardi), ma Bruxelles non ha ancora deciso se applicare la regola in modo rigido o concedere, ancora una volta, margini di flessibilità: al momento non sembra disposta a essere morbida visto il mancato rispetto degli impegni sul 2018 da parte di Roma e considerando che la situazione economica è piuttosto stabile. Ma la decisione finale verrà presa nei prossimi giorni.
Il Sole 24 Ore – 5 maggio 2018