Scordamaglia (Federalimentare): serve un vero tavolo negoziale, la burocrazia cinese al momento è insormontabile. La Cina è in pieno boom da Indicazioni geografiche protette (Igp): 932 nel 2009, balzate già a 1.756 nel maggio scorso. Per la metà si tratta di prodotti agricoli, seguiti da cibi trasformati (12%), thè, alcol e prodotti di origine animale (8,5%). Per mettere a fuoco la rincorsacinesebastipensarechel’Europa conta un migliaio, di Igp.
La Cina ha realizzato il sorpasso grazie anche al peso specifico dei programmi per le aree rurali e per quelli tarati sulla promozione di prodotti cinesi destinati ai mercati esteri. Del resto, in generale, nel 2014 sono state presentate in Cina ben 2,3 milioni di richieste di registrazioni di marchi, +21,5% sul 2013, e quasi 40mila sono state le violazioni punite. Segno che la sensibilità cinese è aumentata.
Il problema resta, invece, per gli stranieri che vogliano ottenere il riconoscimento in Cina: i consorzi bussanoalleportediSaic, l’autorità competente per i marchi di certificazione e collettivi, piuttosto che a quelle di Aqsiq, che si occupa delle denominazioni geografiche, principalmente a causa della mancanza di un regolamento specifico per la procedura di registrazione delle indicazioni geografiche straniere.
Nei rapporti con l’Europa un primo passo è datato 2007 con l’accordo pilota che ha portato qualche anno dopo al mutuo riconoscimento di dieci indicazioni protette per parte, e l’Italia, che ha a cuore la tutela delle Igp all’estero, ha incassato la protezione in Cina per Grana Padano e Prosciutto di Parma.
Manelleintenzionidelcommissario europeo all’Agricoltura dell’epoca, il rumeno Dacian Ciolos, dovevaesserel’overtureversoilriconoscimento di almeno un centinaio di prodotti. Questione girata al successore, l’irlandese Phil Hogan. Nel primo lotto, ricordiamo, sono finiti anche il formaggio Priego de Cordoba, il Roquefort, il Sierra Magina, il Comté, il Blue Stilton, lo Scottish Farmed Salmon, il West Country Farmhouse Cheddar e il Pruneau d’Agen. Mentre i cinesi vantano l’Asparago bianco di Dongshan, il Pompelmo mielato di Guanxi, l’Aglio di Jinxiang, l’Igname di Lixian, il Thé di Longjing, i Vermicelli di Soia di Longkou, la Mela dello Shaan’xi, l’Aceto dello Zhenjiang, la Pesca grande di Pinggu e il Gambero di Yancheng.
«Europa e Cina, in realtà, hanno interessi convergenti sul tema della tutela delle Indicazioni geografiche, un tratto comune rappresentato da innumerevoli prodotti con caratteristiche e qualità superiori derivanti dalla tradizione del territorio – dice Davide Follador, avvocato e long-term-expert a Pechino del programma della Commissione europea e dell’Uami “Ip Key” – occorre, tuttavia, lavorare per migliorare il sistema di tutela e per introdurre procedure efficienti di controllo qualità, sul modello delle Dop europee. Anche su questi argomenti vi sono strumenti di collaborazione e dialogo in corso con la parte cinese».
«L’attuale cooperazione tra le due parti – osserva Giorgio Bocedi che alla tutela delle Igp nei Bric ha dedicato uno studio condotto per la ginevrina oriGin e Aicig, l’associazione dei consorzi Igp – ha postolebasiperlariflessionesuunaccordo bilaterale sulle Igp nonostante l’istituzione di tre sistemi di protezione perchè oltre a Saic e Aqsiq va ricordata anche quella per i prodotti agricoli primari. Il sistema Aqsiq è consigliabile considerando che gli accordi bilaterali per la protezione delle Igp difficilmente comprenderebbero le indicazioni protette in Cina come marchi collettivi o di certificazione».
Per superare il nodo dell’estensione della registrazione agli operatori stranieri si registrano anche accordi diretti estremamente complessi tra ministeri come quelli che hanno portato al riconoscimento in Cina del Cognac francese e dello Scotch Whisky.
«In prospettiva futura – dice Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare – le Igp cinesi potrebbero rivelarsi un ottimo strumento di scambio per il riconoscimento di quelle italiane, però ci vuole un tavolo negoziale. È in atto un’imponente campagna per la registrazione di prodotti tipici locali, finanziata con ingenti fondi pubblici e, visto che attualmente la Cina non riconosce, a parte eccezioni, le Igp europee, per noi italiani, in realtà, questa corsa alle certificazioni da parte dei cinesi potrebbe avere implicazioni positive, perché potrebbero permetterci di negoziareilreciprocoriconoscimento delle rispettive Igp».
«Certo – aggiunge Scordamaglia – un’apertura cinese ci vorrebbe, dato che fino ad ora su altri campi non hanno dimostrato una simile volontà, come nel caso di barriere non tariffarie strumentali. La complessità burocratica cinese è enorme ma avere regole su cui discutere è un punto di partenza». Sono due i prodotti che rientrano nella prima tornata di accordi bilaterali ItaliaCina: il Prosciutto di Parma e il Grana Padano, due delle denominazioni italiane più note al mondo e con le vendite all’estero più elevate. L’accordo era stato siglato nel 2007 ed era la prima apertura da parte cinese al riconoscimento e lla protezione dalle falisificazioni di denominazioni d’origine europee. Da allora la Cina e l’Europa non hanno trovato un accordo complessivo per la commercializzazione e la tutela giuridica dei rispettivi prodotti a denominazione d’origine protetta I prodotti europei attualmente riconosciuti e tutela in Cina sono dieci. Detto del Prosciutto di Parma e del Grana Padano, i due italiani (si veda la scheda accanto), gli altri protti tutelati sono otto. Si tratta degli oli extravergine d’oliva spagonolo Priego de Cordoba e Sierra Magina, deli ormaggi francesiRoquefort e Comté, dei formaggi inglesi Blue Stilton il West Country Farmhouse Cheddar, dello Scottish Farmed Salmon, della francese Pruneau d’Agen, una prugna seccata e conservata. Sono alcune delle denominazion i e dei prodotti europei più noti e meglio commercializzati in tutto il mondo.
Il Sole 24 Ore – 1 marzo 2015