Alcuni ricavi: 400 milioni da prostituzione, 530 da droga, 525 da contraffazione. In Friuli una media di 594 milioni di euro all’anno
VENEZIA – Non abitano a Nordest le Mafie italiane, in tutte le molteplici declinazioni criminali, anche se qui vengono a fare i loro affari e a riciclare il denaro sporco, magari cercando di infiltrarsi nell’economia legale. Ma non possono bearsi il Veneto e il Friuli Venezia Giulia di questa marginalità rispetto alla geografia calda della lupara e della coppola. Perché nella province venete i ricavi di tutte le attività illegali raggiungono l’iperbolica cifra di due miliardi di euro all’anno, con un significativo, ma poco onorevole, quinto posto nella classifica nazionale. Alle spalle di Lombardia, Campania, Lazio e Sicilia. Prima di Piemonte, Puglia, Emilia Romagna e Toscana.
L’”indice di presenza mafiosa” nelle diverse realtà italiane costituisce la spina dorsale dello studio commissariato dal ministero dell’Interno al Centro interuniversitario Transcrime dell’Università Cattolica del Sacro cuore di Milano, presentato ieri nel capoluogo lombardo. È una fotografia, ricca di dati, dell’universo dell’illegalità da cui emerge che camorra e ’ndrangheta sono le organizzazioni più attive, che si accaparrano quasi il 70 per cento dei ricavi di tutte le famiglie mafiose. A Cosa Nostra va, invece, una fetta del 18 per cento. La posizione della ’ndrangheta ha un’evidenza tutta particolare. Gli altri clan ricavano la maggior parte dei loro introiti nelle regioni dove hanno il controllo del territorio, ma quelli delle cosche calabresi provengono solo per il 23 per cento della regione d’origine, mentre arrivano dal Piemonte per il 21 per cento, dalla Lombardia per il 16 per cento, dall’Emilia-Romagna per l’8 per cento, dal Lazio per il 7,7 per cento e dalla Liguria per il 5,7 per cento.
Il Nord è il grande serbatoio dei guadagni per la ’ndrangheta e comunque un mercato che fa gola a tutte le organizzazioni. La tabella mostra come Transcrime abbia stimato in tuta Italia ricavi da attività illegali che vanno da un minimo di quasi 18 miliardi a un massimo di 33,7 miliardi all’anno, con una media di 25,7 miliardi. In testa la Lombardia con 3,7 miliardi, seguita da Campania (3,4), Lazio (2,4) e Sicilia (2,1).
La sorpresa, in un certo senso, viene al quinto posto dove si insedia il Veneto con una stima di 2 miliardi 12 milioni di euro all’anno, quale media tra un minimo di 1,3 e un massino di 2,7 miliardi all’anno. Il Friuli è in posizioni di retroguardia per quanto riguarda i volumi totali, riflesso del territorio e della popolazione più ridotti. Siamo, comunque, a una media di 594 milioni di euro all’anno, a fronte di una stima minima di 340 milioni e di un massimo di 847 milioni di euro. In questi numeri entrano le attività delinquenziali più disparate, che vanno dallo sfruttamento sessuale (un giro d’affari di 400 milioni di euro in Veneto, di 256 in Friuli) alle armi. Dalla droga (al primo posto con 530 milioni in Veneto, al secondo con 107 milioni in Friuli) alle contraffazioni (settore lucrosissimo con 525 milioni in Veneto e 121 in Friuli). Di grande rilievo il mercato illegale dei rifiuti speciali che vede il Veneto, secondo Transcrime, al primo posto in Italia con un fatturato di 149 milioni di euro, mentre il Friuli raggiunge i 58 milioni. I dati che riguardano in senso stretto i ricavi illegali delle organizzazioni criminali in Veneto e in Friuli sono, ovviamente, più contenuti. Nella prima regione si va da un minimo di 392 milioni di euro a un massimo di 503 milioni stimati, in Friuli da 61,4 a 94,5 milioni.
In Veneto le organizzazioni mafiose tradizionali hanno un peso diverso: la ’ndrangheta il 37 per cento (fatturato di 167 milioni di euro), la camorra il 12.5 per cento (56 milioni), Cosa Nostra il 5 per cento (24 milioni). La preponderanza complessiva è di altre organizzazioni che raggiungono il 44 per cento. In Friuli, secondo la ricerca, è invece Cosa Nostra (57 milioni di euro) a farla da padrona, seguita da Camorra (18 milioni) e ’ndrangheta (1,5 milioni).
Gazzettino – 18 gennaio 2013