La memoria lunga del fisco: multa arriva dopo 52 anni
Un accertamento sulle tasse del 1961. In casa di Franco e Wilma Alberto adesso ci sono una mole di documenti e cartelle di Equitalia che ricostruiscono la vicenda dal 1961 a oggi. «Ma di originale abbiamo solo un documento del 1963» dice Wilma. Il titolare è morto nel 1987, pagheranno gli eredi
Il presidente Giovanni Gronchi stava per inaugurare le celebrazioni per il primo secolo della Nazione, i Beatles sognavano il primo disco suonando per gli avventori di un locale di Amburgo, nella Juventus giocavano John Charles, Omar Sivori e Giampiero Boniperti. Era il 1961 e il signor Giuseppe Alberto, classe 1920, ristoratore di mestiere, compilava la sua dichiarazione delle tasse. Correttamente, secondo lui. Con qualche errore, secondo il Fisco.
Come succede in questi casi, da una parte scattano gli accertamenti, dall’altra si risponde con i ricorsi. Anni di schermaglie poi, nel 1972, tutto si blocca. Il signor Alberto, probabilmente, pensa di aver avuto ragione, e si dimentica della sua piccola lite con il fisco. Quindici anni dopo muore, e nessuno dei suoi figli – com’è naturale – si ricorda più di quella vecchia lite con il Fisco.
Oblio totale, fino a quando a tre dei quattro figli di Giuseppe Alberto arriva una lettera di Equitalia. Dentro la busta, una richiesta di saldo per quella vecchia tassa non pagata a sufficienza nel 1961. Più altre contestazioni per gli anni dal ’62 al ’65. Più gli interessi di mora. Totale 1.014 euro e 53 centesimi, da pagare subito.
Wilma Alberto, la figlia del signor Giuseppe, abita a San Mauro, ha un marito e un figlio: «Pagheremo perché non possiamo far altro, non ci sono più i tempi per fare un ricorso», spiega con il fratello Franco. Perché la cartella è arrivata a trenta giorni dalla scadenza definitiva, e guarda caso sei mesi prima del colpo di spugna che dovrebbe azzerare i piccoli debiti dei cittadini con lo Stato: le multe sotto i duemila euro saranno cancellate.
«Ci viene da pensare che l’abbiano fatto apposta – commenta Franco Alberto – Alla Commissione tributaria ci hanno detto che di queste mini multe ne stanno arrivando tantissime…».
I due fratelli hanno ricostruito tutta la storia di questa multa che arriva dal passato. Una storia che comincia nel 1954, quando Giuseppe Alberto lascia Paesana, il paese del Cuneese dove viveva, per venire a Torino. «Qui mio padre apre un ristorante – racconta Wilma -, ma dopo sei anni decide di venderlo per comprare un bar in corso Principe Oddone. Forse è proprio da quella vendita, regolarmente dichiarata, che parte l’accertamento». E infatti la prima multa del fisco arriva alla fine degli anni Sessanta e il padre di Wilma e Franco fa ricorso. «Noi eravamo giovani – raccontano i due fratelli -. Papà non ci ha mai detto nulla di questa vicenda».
Il ricorso, però, si blocca contro un ostacolo burocratico. «Il Garante del contribuente – raccontano i figli – ci ha spiegato che mio padre non ha seguito le norme previste dall’articolo 44 del Dpr 26/10/1972».
Qualsiasi cosa significhi, nessuno di preoccupa di comunicarlo a Giuseppe Alberto, e sulla vicenda cade l’oblio. Fino al 2011, quando qualcuno all’agenzia delle Entrate tira fuori quella vecchia pratica dattiloscritta e decide di mandarla avanti. Trentanove anni dopo il ricorso, mezzo secolo dopo la tassa (forse) pagata male.
Oggi, Wilma e Franco Alberto sono espertissimi di questioni fiscali. «Già trovare la sede della Commissione Tributaria Centrale, Collegio numero 3, strada Antica di Collegno 259, che ha emesso l’ordinanza, è stata una mezza impresa», dicono. «Lì ci hanno spiegato che nel 1972, “nel momento del trasferimento da commissione distrettuale di Torino a commissione tributaria I e II grado 72 occorreva fare istanza di riassunzione per continuare la discussione”. Per questo su quella sanzione non è scattata la prescrizione».
Chiaro no? L’unica cosa certa è che adesso bisogna pagare quei mille euro. Un dovere reso più amaro da un altro particolare: Franco Alberto, 63 anni, è un invalido al quale è stata appena tagliata la pensione: «Sono un trapiantato di cuore e pare che all’Inps abbiano perso i documenti che, dopo la visita di controllo, dichiaravano che io avevo ancora diritto all’assegno… Ora prendo 300 euro al mese, e non so proprio come pagare la mia parte di multa».
antonella.mariotti@lastampa.it – 13 marzo 2013