Una bimba di 5 anni colpita da una rara forma di tumore; il trapianto del fegato come unica speranza di guarigione: due equipe dell’ospedale di Padova restano giorno e notte pronte a intervenire, la sala operatoria già allestita. Ma alla fine non si trova un organo da trapiantare, la piccola paziente muore ed Enrico Gringeri, uno dei chirurghi che partecipa alla febbrile attesa sfoga su Facebook la sua delusione: «Quel senso di impotenza che ti sovrasta ti lascia dentro un vuoto troppo grande».
Il messaggio gira sui social network, in tanti fanno coraggio ma soprattutto quell’umanissima debolezza riporta alla ribalta il tema delle donazioni degli organi in Italia: tante, ma mai abbastanza per tutte le vite umane che vorremmo salvare.
«Un po’ mi sono pentito di quelle parole — dice adesso il professor Gringeri —. Non volevo ergermi a protagonista, ma davvero quel dramma mi ha scosso». Il dramma è quello di una bambina a cui appena 15 giorni prima era stato diagnosticato un tumore al fegato che non avrebbe lasciato scampo, a meno di un trapianto. La piccola viene affidata all’equipe del professor Umberto Cillo, specializzato in questi interventi e di cui fa parte anche Gringeri, all’ospedale di Padova. Viene avviata la richiesta al centro nazionale trapianti di un fegato: passano le ore, la paziente si aggrava ma l’organo adatto non si trova. «A quel punto — racconta Gringeri — abbiamo fatto un appello di assoluta urgenza: il nostro caso era in cima alla lista, il primo in Italia in quelle ore». Niente da fare, quasi tre giorni trascorrono nel nulla e il 29 gennaio la bimba muore senza nemmeno varcare la soglia della sala operatoria.
«A quel punto mi ha preso lo sconforto per non aver potuto dare una risposta al dolore di quella famiglia e ho scritto quel che provavo» racconta il chirurgo. Gringeri è talmente colpito che due giorni dopo partecipa anche all’autopsia della sfortunata bambina. «Grazie a tutti coloro che hanno saputo comprendere il mio stato d’animo — torna a scrivere sul web —. A 24 ore di distanza ho ancora negli occhi quelle scene. Una piccola vita di cinque anni ha atteso invano quel treno che non passerà mai».
«Non mi aspettavo una reazione emotiva così forte — racconta adesso il medico — ma ho il timore che di questi temi non si parli mai abbastanza. Non c’è un’offerta di organi sufficiente per le richieste che affrontiamo. Mi piacerebbe che medici, mass media, il ministero, le associazioni ne parlassero di più».
Umberto Cillo, il primario di Padova che ha vissuto assieme a Enrico Gringeri la drammatica attesa, nonostante tutto cerca di guardare alla realtà con meno pessimismo: «In Italia abbiamo avuto un boom di donazioni a partire dagli Anni 90, poi inevitabilmente la curva si è abbassata. Rimaniamo il secondo o il terzo Paese al mondo per numero di donazioni; purtroppo l’età media dei donatori si è innalzata, la metà ha superato i 60 anni e questo rende problematici casi come quello della bimba; era una patologia molto rara ed è stata scoperta in un periodo in cui non c’è stata disponibilità. Capisco l’amarezza di chi avrebbe voluto salvare una vita».
Il Corriere della Sera – 5 febbraio 2016