Paolo Levi. Addio foie gras, entrecote, tartare di manzo: il re della cucina francese Alain Ducasse, volta le spalle alla grande tradizione gastronomica transalpina, bandendo dai suoi menù i piatti a base di carne. Da lunedì, nel ristorante del Plaza Athénee, uno dei più lussuosi alberghi di Parigi, che riapre i battenti lunedì dopo un importante restauro, lo chef pluristellato proporrà pietanze a base di verdure e cereali.
Pesci, soia, cereali, per quanto possibile bio, e verdure coltivate a Versailles, ruberanno la scena a più tradizionali ricette della «cuisine francaise». Resta immutato solo il prezzo: 380 euro a persona, bevande escluse.
«Il pianeta ha risorse rare, bisogna consumare più eticamente e in modo equo solidale – spiega Ducasse –. La tendenza mondiale è al consumo di zucchero, grassi e fritti. Io ho voluto fare un menù più leggero. La mia ossessione è togliere zuccheri». Per lo chef, che si dice «interprete dei tempi che corrono» , questa piccola rivoluzione culinaria ha una parola d’ordine: «mangiar sano». Così, anche burro, creme e cremette, verranno ridotte ai minimi termini.
«Più il prodotto è modesto più bisogna averne cura», rivela il cuoco nato in Francia ma residente a Monaco, particolarmente talentuoso anche nel fiutare gli affari e proprietario di un vero e proprio impero della ristorazione. E che si dichiara inflessibile anche sui dolci: «Continuano a chiederci creme e caramello insieme al cioccolato. Io dico no, non cederemo alle sirene della globalizzazione!».
Ma Ducasse stravolge anche il modo di apparecchiare. Basta tovaglie, il pranzo verrà servito su tavoli di quercia e cuoio. Mentre un cocktail di vodka alle erbe, versato su un diamante di ghiaccio e travasato in un bicchiere di cristallo, servirà da benvenuto ai clienti. Pacchiano? «Assolutamente no – replica lui. – Ma certo non siamo qui per fare le cose in modo semplice: con il semplice c’è sempre il rischio di semplicismo». Alla chiusura, la scorsa primavera, il Relais Plaza vantava le preziosissime tre stelle Michelin. Ora, tra pesce, soia e verdurine, dovrà ripartire alla loro conquista. Verdetto nel 2015
Il nutrizionista. “Ma così la dieta è carente”
Letizia Tortello. «Dal punto di vista nutrizionistico, eliminare la carne dal menù è una scelta sbagliata». Il nutrizionista Giorgio Calabrese non cede alle novità dell’alta cucina e fa i conti con la tabella della buona dieta alimentare.
Lei è un difensore della carne in tavola, perché?
«Il mix giusto per il salutismo prevede di armonizzarla con altri cibi di origine animale, portatori di proteine nobili, con un’ottima dose di vitamina B12 e ferro, come uova, pesce, latticini. Non c’è sostituto della carne che tenga».
Non la pensano così i vegetariani, che consumano in alternativa legumi, seitan e soja. Questi prodotti ricchi di ferro non rimpiazzano la vecchia bistecca?
«No. I legumi e i loro derivati sono un ottimo alimento, ma non contengono tutti gli 8 aminoacidi essenziali che il corpo umano non sa produrre. Ne contengono al massimo 5 o 6, mentre la carne li contiene tutti. Inoltre, i legumi hanno altre carenze rispetto agli alimenti di origine animale: l’uomo ha bisogno di 30 grammi giornalieri di fibra, e fin qui i legumi sono preziosi. Ma se la fibra è troppa, sequestra al fisico minerali tipo il ferro o il calcio. Quindi è un cane che si morde la coda».
La scelta dello chef Ducasse, dunque, va contro le regole della buona nutrizione?
«Innanzitutto, mi pare che Ducasse, che è un grande della cucina, tenga il pesce nel menù. Rivoluziona con un vegetarianismo per modo di dire. Sulla tavola, ormai, la carne è diventata un elemento di diatriba e non di nutrizione, e questo non va bene. Chi sceglie di eliminarla per ragioni di coscienza, faccia pure. Nel caso del ristorante parigino, mi sembra più una manovra di cartello che non di vero salutismo. La ristorazione è in crisi, allora si provano ad attirare nuovi pubblici».
La Stampa – 6 settembre 2014