L’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici viene soppressa e, con effetto immediato, entra nell’orbita dell’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone. Se leggiamo i due decreti appena licenziati dal Governo con la lente degli appalti pubblici, è senza dubbio questa la novità più importante appena entrata in vigore che, tra l’altro, avvia un lungo processo di riforma della vigilanza sul settore. E non è la sola, dal momento che i provvedimenti mettono mano a un ampio ventaglio di questioni strategiche: varianti, incentivi alla progettazione, white list, commissione Via.
Partiamo dall’Autorità di vigilanza. Il presidente e il Consiglio, che attualmente la guidano, vengono rimossi e le loro competenze passano interamente all’Autorità anticorruzione. Si tratta di un processo solo apparentemente semplice, dal momento che l’Authority di via di Ripetta oggi si occupa di molti mestieri diversi e che, nel tempo, c’è stata una tendenza sistematica a darle nuovi compiti. Solo per ricordare le aree di azione più importanti, c’è l’attività consultiva nei confronti del Governo, quella di regolazione del settore degli appalti, la qualificazione delle imprese tramite le società di attestazione, la vigilanza vera e propria, il monitoraggio del mercato e le sanzioni agli operatori.
Attualmente, l’Avcp è un colosso con 301 dipendenti che si alimenta grazie alla tassa sulle gare, un contributo da 52 milioni di euro nel 2013, che imprese e stazioni appaltanti pagano per partecipare ai bandi. Per sciogliere questo groviglio di uomini e competenze, Cantone dovrà presentare entro fine 2014 un piano di riordino che indichi anche un taglio almeno pari al 20% delle spese di funzionamento e del trattamento economico accessorio del personale dipendente. I risparmi di questa potatura saranno quantificabili solo nel 2015. Nell’immediato si salveranno circa 1,5 milioni di euro, pari agli oneri legati al presidente e al Consiglio dell’Avcp.
L’altra competenza importante incamerata dall’Anac riguarda le varianti: si tratta di uno strumento pensato per rimediare ai cambiamenti imprevisti in fase di realizzazione delle opere che, però, viene spesso usato come grimaldello per incamerare aumenti di costi e allungamenti di tempi.
Così, il decreto prevede un nuovo deterrente: tutte le varianti andranno trasmesse all’Autorità, entro trenta giorni dall’approvazione della stazione appaltante. Anche se va sottolineato che il gran numero di comunicazioni renderà molto difficile un controllo nel merito di questa elefantiaca mole di dati: una gara su due nel settore dei lavori pubblici presenta, infatti, varianti.
Sul fronte dell’antimafia, arriva un intervento legato alle white list, gli elenchi di imprese istituiti presso le prefetture per certificare l’assenza di tentativi di infiltrazione. Al momento sono solo facoltative e questo le ha rese, nei fatti, piuttosto marginali e poco utili. Il decreto cambia tutto e le rende obbligatorie per una serie di settori considerati più a rischio (ad esempio trasporti, noleggio o forniture di calcestruzzo). Per le verifiche su queste imprese, le stazioni appaltanti dovranno passare sempre e soltanto dalla white list.
Si interviene sulla progettazione. Il Dl stabilisce che i dirigenti dipendenti pubblici non potranno più percepire gli incentivi in caso di progettazione interna alla Pa. In questo modo il mercato viene aperto ai liberi professionisti e si ottiene anche qualche risparmio. Completa il quadro una novità sulla commissione che si occupa di valutazione di impatto ambientale: i componenti passano da 50 a 40, con un risparmio di un milione l’anno.
Il Sole 24 Ore – 26 giugno 2014