I neonati cinesi berranno latte in polvere Granarolo. Era ora. Il prodotto made in Italy è noto in tutto il mondo per la sua bontà, eppure per il via libera – l’autorizzazione è sul sito dell’autorità di controllo Aqsiq – ci sono voluti mesi di indagini e di analisi, inclusa un’ispezione condotta negli stabilimenti Granarolo dagli specialisti cinesi che non si sono accontentati di controlli all’acqua di rose, anzi hanno sfoderato una puntigliosità fuori dal comune.
Adesso il latte italiano infant formula, come lo chiamano gli addetti ai lavori, potrà essere esportato in Cina, un Paese a corto di prodotti di qualità ma anche di tecniche avanzate per la lavorazione della materia prima.
Granarolo è riuscita a entrare nella lista speciale voluta fortemente dalle autorità cinesi per tutelare la salute dell’infanzia, ed è stata l’unica azienda italiana finora a candidarsi in questa categoria e a ottenere il via libera.
Quella del latte per l’infanzia è una ferita ancora aperta per la Cina, rimasta a lungo sotto shock a causa dello scandalo del latte alla melamina della Sanlu che poco più di sei anni fa ha mietuto vittime tra i neonati e seminato il panico tra le famiglie. Da allora la vendita del latte in polvere, ad esempio, è stata allargata anche alle farmacie, considerate più sicure dei supermarket.
Ma anche sul latte d’importazione, molto ambito, sono scese le nuvole, l’anno scorso il latte Fonterra importato dalla Nuova Zelanda è finito nel mirino delle autorità, in una partita destinata al mercato cinese si sospettava la presenza di botulino. I manager di Fonterra, consapevoli della gravità della situazione, hanno chiesto platealmente scusa ai cinesi.
Per tutta risposta Pechino ha deciso di creare un apposito elenco di società importatrici di latte per l’infanzia, sottoponendole a una trafila molto più complicata di quella prevista per il latte a lunga conservazione. Partita in primavera, la raffica di richieste ha visto scendere in lizza i big mondiali del settore ma anche produttori olandesi piuttosto che tedeschi di dimensioni più ridotte. Nel frattempo il traffico di latte in polvere via internet soprattutto di provenienza Hong Kong non si è mai fermato: la convinzione dei cinesi è che il latte importato sia comunque più sicuro, quello acquistato sul web, poi, è anche più economico. Insomma, cosa non si fa per i figli.
Adesso, in Italia, si cambia. Granarolo davanti a sé ha un nuovo promettente mercato. Tira quindi un respiro di sollievo Vittorio Zambrin, direttore qualità Innovazione sicurezza e ambiente di Granarolo, che già a luglio in occasione del secondo Forum dedicato alla sicurezza alimentare organizzato dall’Ambasciata italiana aveva descritto il quadro alla perfezione, incluse le criticità.
«Abbiamo appreso con piacere dalle autorità preposte che potremo esportare in Cina il latte per la prima infanzia – dice Zambrin al Sole 24 Ore – a conferma del know how e della capacità di innovazione riconosciute all’azienda, e dell’eccellenza qualitativa delle nostre produzioni sia in termini di sicurezza alimentare sia in termini di materia prima. Tutto il latte destinato alle formule infantili è, infatti, latte della nostra filiera italiana controllata».
Il Sole 24 Ore – 19 dicembre 2014