Nuova collaborazione tra industria e università. L’associazione nazionale dell’industria lattiero casearia (Assolatte) e il Rem Lab dell’Università cattolica di Milano hanno attivato un accordo per studiare i modelli di consumo, i posizionamenti dei prodotti derivati dal latte nella grande distribuzione e analizzare strategie e fabbisogni di marketing. «Questo progetto – spiega il presidente di Assolatte, Giuseppe Ambrosi – rientra nella logica di offrire ai nostri associati servizi qualificati, utili per affrontare mercati sempre più evoluti ed esigenti. Dal progetto e dalla collaborazione con l’Università cattolica ne deriveranno strumenti interessanti per le imprese, utili per poter fare scelte strategiche di marketing e di orientamento dell’attività».
Una bussola sempre più necessaria per orientarsi in un contesto globalizzato, come sottolinea il professor Daniele Fornari. «Siamo ancora all’interno del più lungo periodo recessivo della storia economica italiana. Con cambiamenti epocali, sia di contesto che sociali. In quattro anni, dal 2013 aql 2016, le vendite di prodotti lattiero caseari sono scese di oltre il 5%. Nello steso periodo, le vendite dei così detti prodotti sostitutivi sono balzate dell’83,3%. Questo per le aziende significa flessibilità e velocità per poter riposizionarsi subito sui mercati e non perdere competitività».
Non tutte le categorie, però, perdono quote di vendita. Al di là della ormai cronica crisi del latte fresco e di quello a lunga conservazione (Uht), nel 2016 sono cresciute le vendite in volume dei formaggi grana (+4,8%), dei formaggi da tavola interi e a fette (+0,5%), dello yogurt tipo greco (+19,8%) e di quello funzionale (+1,2%).
Crisi e recessione hanno inciso in profondità anche sui modelli di consumo, generando nuovi profili di acquisto, tanto che a fronte di una regressione delle vendite in iper e supermercati, sono cresciute quelle negli hard discount; e in crescita sono pure gli acquisti nelle fasce premium (dal 17 al 18,4% sul valore totale tra il 2008 e il 2016). Ma il vero fenomeno da non perdere di vista per l’industria alimentare è quello dello sviluppo dei drugstore (11,5% delle vendite). Se attualmente in Italia le vendite nei negozi e nelle catene specializzate rappresentano il 5,2% del valore totale, nel 2020 – stima Rem Lab -saranno l’8,3%. Nel filone della specializzazione si inserisce anche il consumo fuori casa: nel 1970 erano il 12% del totale, ora sono il 32% per un valore di 72 miliardi. «Consumi fuori casa, catene commerciali specializzate impongono alle imprese modelli organizzativi di marketing totalmente nuovi» dice Fornari, sottolineando come la sfida del mercato si giochi ormai qui e non solo sui prodotti innovativi.
Roberto Iotti – Il Sole 24 Ore – 19 marzo 2017