La decisione della Corte Suprema ha soddisfatto pazienti, ricercatori e aziende. Colpo alla Myriad Genetics, che si è vista strappare il monopolio dei geni BRCA1 e BRCA2, alla base di un test genetico per il cancro al seno e alle ovaie. Il brevetto oggi non può più esistere e molte aziende hanno già annunciato di voler sfruttare la sentenza per sviluppare nuovi metodi d’analisi.
“Le scoperte pioneristiche, innovative e brillanti non garantiscono di per sé la brevettabilità”. Parola del giudice Clarence Thomas, della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, che giovedì scorso ha deliberato per la prima volta che il Dna umano non può essere brevettato, una decisione destinata a condizionare il futuro della ricerca medica e biotecnologica. Potranno invece essere brevettate le sequenze di Dna sintetico ottenute in laboratorio, anche a partire da genoma naturale (come ad esempio le molecole ottenute a partire dall’mRna, molecola da cui ha inizio la sintesi proteica). Come a dire che Isacco Newton non avrebbe mai potuto brevettare né la famosa mela che gli diede l’idea della teoria della gravità, né tantomeno la teoria stessa, ma al massimo un nuovo strumento che sfruttasse la formula matematica che la descrive.
La battaglia legale che ha portato a questa decisioneè scaturita da una causa intentata nel 2009 dalla American Civil Liberties Union (ACLU), organizzazione non governativa orientata a difendere i diritti civili e le libertà individuali negli Stati Uniti, contro Myriad Genetics, azienda di diagnostica molecolare che aveva il copyright su due geni associati al cancro al seno e alle ovaie, BRCA1 e BRCA2, sui quali aveva sviluppato un test genetico per valutare il rischio individuale di sviluppare questo tipo di neoplasie.
Myriad ha infatti sviluppato la procedura dopo aver isolato due parti della sequenza genetica contenuta in questi geni, nelle quali c’è l’indicazione del rischio: si tratta dello stesso test divenuto famoso qualche settimana fa a seguito della decisione di Angelina Jolie di sottoporsi ad un intervento di mastectomia preventiva, scelta effettuata proprio per “colpa” dell’esito dell’analisi genetica.
La decisione della Corte Suprema, che mette il punto a oltre due decadi di monopolio di Myriad Genetics, ha prodotto reazioni diverse ma sostanzialmente positive: chi non pensava che qualcosa che si trova naturalmente nell’organismo potesse essere “proprietà” di un’azienda ha commentato che la decisione potrebbe aprire una nuova era di ricerca estesa e di diagnostica a più basso costo; ma allo stesso tempo la decisione ha fatto felici anche le industrie, che hanno ora la sicurezza che se sviluppano Dna sintetico possono brevettarlo, e dunque si sentono tutelate.
John Wilbanks, a capo dello Science Commons project di Creative Commons, ha spiegato come la competitività delle aziende non è messa a repentaglio, solo che invece di dipendere dal sequenziamento stesso del Dna, dipende da come questo viene sfruttato. “Non si tratta di una decisione spaventosa per l’industria come poteva rivelarsi”, ha detto. “La sequenza di geni nel Dna non è altro che un dato, e quindi la sentenza non fa altro che dire che i dati di partenza devono a disposizione di tutti, cosa che è assolutamente in linea con i principi di base del copyright e dei brevetti”. E in questo modo, spiega ancora, “assicura che ci sia spazio per l’innovazione, sia nel settore pubblico che in quello privato”.
La decisione di giovedì dovrebbe infatti rendere più semplice per le aziende, i ricercatori e altri gruppi interessati condividere i dati genetici e costruire database del genoma, per migliorare e sviluppare applicazioni in campi come la sanità o l’agricoltura, senza paura di essere citati in giudizio.
Entusiasta anche Eric Lander, presidente del Broad Institute, centro di ricerca genetico affiliato con l’Università di Harvard e il MIT. “La Corte Suprema ha preso la decisione giusta”, ha commentato. “È una decisione fantastica per i pazienti, è una decisione fantastica per la scienza, e penso sia una decisione fantastica anche per la industria biotecnologica”. E in effetti, subito dopo l’annuncio, molti laboratori hanno annunciato che avrebbero cominciato a loro volta a offrire test per il rischio di sviluppare cancro al seno, e ciò è un bene per i pazienti anche perché potrebbe portare ad un abbassamento dei prezzi e ad una maggiore disponibilità delle analisi genetiche.
“Oggi la Corte Suprema ha abbattuto una delle maggiori barriere all’innovazione medica e alla cura dei pazienti”, ha dichiarato Sandra Park dell’ACLU a nome di medici, ricercatori e pazienti che avevano iniziato la battaglia. “Grazie a questa sentenza i cittadini avranno migliore accesso ai test genetici e i ricercatori più libertà di ricerca. Un grande traguardo”.
Laura Berardi – Quotidiano sanità – 15 giugno 2013