Il tosiano Muraro: «Meglio che collaboriate». Il comitato d’accoglienza non prevede collane di fiori, musica, baci e abbracci. Anzi. I ribelli della Lega veneziana si sono riuniti lunedì sera nella sede di via Aleardi, a Mestre, per mettere a punto il «benvenuto» da riservare al presidente della Provincia di Treviso Leonardo Muraro, nominato sabato commissario per volontà del segretario nathional Flavio Tosi (la delibera gli è stata recapitata ieri pomeriggio).
«Non appena metterà piede qui troverà i militanti pronti a riceverlo a braccia aperte. E non solo» annunciano tra l’ironico e il sibillino due dei capi della rivolta in laguna, Giovanni Furlanetto e Roberto Lazzarin, mentre si rincorrono sussurri che vogliono gli anti-Tosi pronti a desertificare gli uffici, portando via tutte le carte e perfino la mobilia, mentre qualche pasdaran vorrebbe addirittura impedire fisicamente a Muraro di mettere piede in sede.
Lui, il commissario spedito a normalizzare una delle ultime roccaforti rimaste ai furono lealisti bossiani, mostra il pugno di ferro nel guanto di velluto: «Non capisco tutta questa agitazione – afferma Muraro -. Se nessuno ha nulla da temere, perché preoccuparsi tanto? Agli amici della Lega veneziana dico: se collaborerete non ci saranno problemi e vedrete che nell’arco di 5-6 mesi si potrà arrivare al nuovo congresso, serenamente. Viceversa, se vi ostinerete a remare contro, la faccenda si farà più complicata e non è detto che non si debba ricorrere ad altri provvedimenti». Il presidente della Provincia di Treviso, a dimostrazione della buona volontà, dice di voler avviare al più presto un giro di consultazioni con i massimi esponenti del Carroccio delle isole e della terraferma, a cominciare dall’ex segretario Paolo Pizzolato, «con cui ho già preso contatto». Una circostanza smentita però dai lealisti: «Sappiamo che Pizzolato si è messo da subito a disposizione di Muraro – chiosano Furlanetto e Lazzarin -. A dimostrarlo ci sono le telefonate e gli sms di Paolo, che si è detto disponibile a raggiungere il presidente della Provincia di Treviso lì dove gli fosse più congeniale, visti i suoi immaginabili numerosi impegni istituzionali». I due difendono a spada tratta l’ex segretario: «In questi ultimi giorni ha ricevuto moltissimi messaggi di solidarietà da parte dei militanti, di persone di altri partiti e di cittadini comuni, che lo hanno conosciuto per il suo impegno: tutto questo dimostra che quella assunta sabato scorso è una scelta completamente sbagliata. Ad ogni modo, gli iscritti veneziani continueranno a lavorare per il bene del partito, superando anche il fango che qualcuno ha gettato loro in faccia».
Il clima, insomma, è quello che è: siamo allo sfascio. Basti pensare che i «tosiani» raccontano che i partecipanti alla riunione di lunedì sarebbero stati perfino perquisiti all’ingresso, per verificare che non avessero addosso registratori utili a provare «l’alto tradimento». «Una precauzione del tutto inutile, visto che le cose siamo venuti a saperle comunque – commenta un colonnello vicino al sindaco di Verona -. Ma certo, se ci siamo ridotti a questo…». Parole non molto dissimili da quelle dell’ex deputata Paola Goisis, che invece milita sul fronte opposto: «Questa Lega sta chiusa nelle stanze e si massacra in guerre intestine. Spero che chi ha responsabilità cambi rotta immediatamente anteponendo le proposte alle vendette». E da Treviso l’icona Giancarlo Gentilini, pur tornando a chiedere i congressi («Sono un’ottima palestra, così non ci si scontra sui giornali») si schiera con Tosi: «Lo capisco quando dice: come mai parlate adesso? Cosa avete fatto quando potevate fare qualcosa? Lo difendo, ha il mio dna di combattente. Non capisco invece certe uscite di Zaia, forse deve tenere a bada il Pdl, ha il morso e non può dire quello che pensa». Quanto a Pontida, «Genty» non ha dubbi: «E’ il passato, va cancellata».
Ieri sia «l’amico Flavio» che «l’amico Luca» (così, e chissà fino a quando, si citano i due) si sono chiusi nel silenzio, quanto meno sulle note vicende interne. Il governatore ha visto Roberto Maroni, ma solo in qualità di «collega» lombardo, durante le consultazioni dei presidenti di Regione con il premier incaricato Pierluigi Bersani. All’uscita, poche parole: «Patto di stabilità, ammortizzatori sociali e sanità: sono queste le nostre preoccupazioni più grandi. Vogliamo più autonomia, la macro-regione del Nord è la nostra sfida irrinunciabile». Raccontano i beninformati che i due non hanno parlato delle «esecuzioni sulla pubblica via» di cui, secondo Zaia, si sarebbe macchiato Tosi. Ma da Milano interviene il braccio destro di Maroni, il segretario lombardo Matteo Salvini: «La nostra gente, i nostri militanti e amministratori locali, devono parlare di meno e lavorare di più: bisogna perdere meno tempo in polemiche interne e lavorare».
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 27 marzo 2013