Paolo Gentiloni l’ha definita una manovra «snella», oltre che «senza lacrime e sangue» ed in effetti la legge di Bilancio approvata ieri dal Consiglio dei ministri si presenta un po’ meno imponente rispetto ad altre che l’hanno preceduta; anche includendo il decreto fiscale collegato che ieri è andato in Gazzetta ufficiale l’entità complessiva degli interventi è di 20,4 miliardi, di cui però 15,7 servono a disinnescare l’aumento Iva che sarebbe scattato in forza delle clausole di salvaguardia. Dunque per le altre mosse di politica economica ne restano 4,7. Le coperture valgono 9,5 miliardi tra maggiori entrate da lotta all’evasione o da riscossione e tagli di spesa: i restanti 10,9 corrispondono ad un incremento del deficit 2018 dall’1 all’1,6 per cento del Pil. In realtà per inviare il provvedimento alle Camere c’è tempo fino a venerdì e quindi il testo definitivo manca ancora; nelle prossime ore l’esecutivo deve anche inviare a Bruxelles il suo Documento programmatico di bilancio, che riassume dimensioni e contenuti della legge.
IMPATTO LIMITATO
Tra i capitoli di impatto tutto sommato limitato c’è quello relativo alle pensioni. Le novità principali riguardano l’Ape sociale, l’indennità che anticipa il trattamento previdenziale a beneficio di alcune particolari categorie. Le maglie dell’Ape si allargheranno in due situazioni: quella delle lavoratrici madri e quella dei disoccupati che hanno interrotto l’attività alla fine di un contratto precario. Nel primo caso scatterà una riduzione dei contributi richiesti di sei mesi per ogni figlio fino ad un massimo di due anni: in questo modo si potrà accedere all’anticipo, nell’ipotesi più favorevole, con 28 anni di contributi invece di 30 e di 34 (invece di 36) nel caso delle cosiddette mansioni faticose. Invece lo status di disoccupato a seguito di licenziamento (uno dei possibili canali per accedere all’Ape) viene allargato a coloro che hanno smesso di lavorare a seguito della scadenza di un contratto a termine, purché abbiano svolto lavoro dipendente per almeno 18 mesi nei 3 anni precedenti.
Non dovrebbe cambiare nulla per quanto riguarda l’aumento dei requisiti per l’accesso alla pensione, destinato a scattare nel 2019 per la generalità dei lavoratori. Il gradino di cinque mesi in conseguenza dell’aumento della speranza di vita scatterà quindi anche per l’età dell’uscita di vecchiaia, che salirà a 67 anni. Il previsto provvedimento amministrativo sarà adottato entro i termini previsti, ovvero la fine di quest’anno. «C’è una legge in vigore e la rispetteremo», ha sintetizzato Gentiloni, ma questa risposta non piace per nulla ai sindacati che in mattinata avevano visto il ministro Poletti e ora minacciano agitazioni.
SGRAVI TOTALI AL SUD
La misura simbolo della legge di Bilancio resta naturalmente il dimezzamento dei contributi per le imprese che assumono giovani fino 29 anni: possono farlo anche nei prossimi mesi di novembre e dicembre, purché l’assunzione abbia decorrenza 2018. Solo per il prossimo anno l’agevolazione sarà applicata con una soglia di età maggiore, fino a 34. Inoltre lo sconto contributivo scatterà anche nei casi di prosecuzione di un contratto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato, con qualunque età anagrafica, e per gli studenti che abbiano svolto percorsi di alternanza scuola-lavoro o di apprendistato. Mentre per il solo Mezzogiorno sono confermati gli incentivi più generosi, di fatto una decontribuzione totale.
Alcune misure attese non hanno trovato posto nel testo ma dovrebbero essere aggiunte più tardi durante l’iter parlamentare. È il caso della cosiddetta web tax, un’imposta sui ricavi dei colossi digitali, ma anche della parziale abolizione del superticket sanitario applicato dalle Regioni per le visite specialistiche e le analisi. Un tema delicato perché anche su questa materia si gioca la possibile mediazione politica con le forze a sinistra del Pd.
Statali, 2 miliardi per aumenti e salva-bonus. Sbloccata l’assunzione per 1.500 ricercatori
Il tweet è partito non appena finito il consiglio dei ministri. «Impegno mantenuto. Si rinnovano i contratti per donne e uomini nella #PA come da accordo raggiunto il 30 novembre 2016», ha cinguettato la ministra della funzione pubblica Marianna Madia. Gli statali ottengono l’aumento da 85 euro lordi mensili promesso lo scorso anno dal governo. E ottengono anche la sterilizzazione completa del bonus da 80 euro. Uno degli scogli principali al nuovo contratto, erano proprio i 300 mila e passa dipendenti della pubblica amministrazione, con un reddito a cavallo dei 26 mila euro, la soglia oltre la quale il bonus Renzi si azzera. Nella manovra ci saranno stanziamenti sufficienti non solo a consentire alle amministrazioni dello Stato di indennizzare i propri dipendenti che avrebbero perso il bonus a causa degli aumenti, ma ad assicurare anche i fondi necessari alle Regioni e ai Comuni per risolvere la stessa questione anche con i propri lavoratori.
LE IPOTESI
Resta in piedi ancora anche un’ipotesi alternativa, quella di ritoccare le soglie del bonus. Quella dei 24 mila euro, limite fino al quale si prendono gli 80 euro interi, salirebbe a 24.500. E quella dei 26 mila, dove il bonus si azzera, a 26.500. La misura, fatta in questo modo, coinvolgerebbe anche i privati.
Lo stanziamento complessivo per finanziare i rinnovi e sterilizzare il bonus per tutti, si aggirerebbero attorno ai 2 miliardi di euro. Ma ieri la Ragioneria generale stava ancora facendo i conti. Non è nemmeno escluso che, alla fine, le compensazioni a sindaci e governatori non arrivino sotto altre voci. La ministra dell’istruzione pubblica, Valeria Fedeli, ha poi confermato che nella legge di Bilancio sono state inserite misure rivolte al mondo della scuola, dell’università e della ricerca. «Abbiamo confermato», ha detto, «l’impegno relativo agli scatti di anzianità dei docenti universitari. E confermato anche l’impegno di armonizzare le retribuzioni dei dirigenti scolastici con le altre figure della dirigenza pubblica». Al centro, ha aggiunto ancora la Fedeli, sono state poste crescita, inclusione sociale e lavoro, con misure rivolte prevalentemente ai giovani. Va in questa direzione l’assunzione di oltre 1500 ricercatori tra le Università e gli Enti di ricerca presenti su tutto il territorio nazionale.
L’impegno preso dal governo a garantire gli aumenti da 85 euro e la sterilizzazione del bonus da 80 euro, è stato salutato con favore da Cgil, Cisl e Uil.
Il Messaggero – 17 ottobre 2017