Dopo il taglio di 1,15 mld sul costo del personale dipendente del Ssn e l’avvio delle procedure contrattuali per la sola parte normativa, la Cimo chiede che si sciolgano alcuni nodi, dicendosi non disponibile a firmare nessun accordo che “penalizzi ulteriormente le condizioni giuridiche dei medici dipendenti del Ssn”.
“La prossima tornata contrattuale che prende inizio subito dopo le feste, ha delle premesse che non lasciano presagire nulla di buono, in un contesto in cui si ha la chiara percezione che ‘tutto cambi affinché nulla cambi’. Esempio ultimo la Legge di stabilità che, di fatto, ha ridotto il Fondo Sanitario della sola voce ‘costo del personale dipendente del Ssn’ con tagli di 1,15 miliardi di euro nel prossimo biennio attraverso il blocco della ‘vacanza contrattuale’ e la contrazione dei fondi accessori indispensabili a garantire la continuità assistenziale; di contro ben 400 milioni di euro sono stati destinati ai Policlinici universitari non statali. Ma la stessa Legge di stabilità indica la ripresa delle procedure contrattuali per la parte normativa, senza alcuna possibilità di recupero economico. Ed, allora, i dipendenti pubblici del Ssn che partita andranno a giocare?”. Così, in una nota, il vicepresidente vicario Cimo-Asmd, Guido Quici, ha commentato i nuovi tagli al personale introdotti nella legge di stabilità pubblicata lo scorso sabato 28 dicembre in Gazzetta Ufficiale.
In realtà, come si spiega nella nota, la partita si gioca sul nuovo Patto per la Salute 2013-2015 e sulla definizione dei nuovi Lea che, “di fatto, sono ricondotti ad una intesa finanziaria tra Stato e Regioni senza alcun coinvolgimento dei cittadini e degli operatori della sanità, almeno rispetto ai principi generali di politica sanitaria”.
Le problematiche del personale, secondo Quici, “rientrerebbero tra i tanti argomenti oggetto di futuri accordi o modifiche normative; tuttavia difficilmente le Organizzazioni Sindacali o i rappresentanti dei cittadini saranno chiamati ad un serio confronto sulle altre tematiche previste nello stesso Patto per la Salute ad iniziare dai ticket ed esenzioni, al riordino delle cure primarie, ai piani di rientro, ai rapporti tra Ssn ed Università, alla farmaceutica, ecc”.
“Non appare, pertanto, difficile immaginare che il possibile avvio del contratto di lavoro, da parte del Comitato di Settore, riguardi le ricadute sul personale previste nel Patto per la Salute, ovviamente a costo zero – spiega Quici – Cimo-Asmd dice no ad un contratto normativo se prima non si sciolgono alcuni nodi cruciali: innanzitutto la definizione preliminare delle nuove aree contrattuali che dovranno tenere conto della specificità del medico proprio in funzione delle tematiche presenti nell’agenda del Patto per la Salute quali: l’orario di lavoro, la libera professione, lo sviluppo della professione medica, gli standard di fabbisogno medico, i rapporti tra Ssn ed Università, ecc”.
Ma superata la pregiudiziale sulle nuove aree contrattuali, per il vicepresidente vicario Cimo, il percorso non sarà certamente agevole perché “occorrerà discutere dell’orario di lavoro che sembra preludere, per esigenze aziendali legate alla riduzione dei tempi di attesa, ad un impegno orario che ecceda il minimo contrattuale. La questione è particolarmente delicata perché non si può confondere l’obbligo di un comune dirigente dello Stato con il ruolo di chi deve garantire la sicurezza delle cure; ciò anche in considerazione del blocco del turnover e della riduzione del salario accessorio previsto dalla Legge di stabilità. In sostanza se si vuole assicurare la continuità assistenziale il carico di lavoro non potrà prescindere dalla preliminare definizione dello standard minimo di fabbisogno del personale medico nelle strutture sanitarie”.
“Non sarà, certamente, semplice riformare anche la libera professione in un’ottica annunciata di ulteriori penalizzazioni a danno del medico dipendente; né sarà possibile accettare un blocco della mobilità volontaria del medico di almeno 5 anni dalla data di assunzione o di trasferimento da parte dell’azienda sanitaria di provenienza. Si torna indietro rispetto ad una conquista ottenuta nei precedenti contratti di lavoro – ha proseguito Quici -. Ma ancora più delicata appare la questione che sottende al nuovo ruolo della dirigenza medica, allo sviluppo della professione attraverso la definizione di nuovi percorsi gestionali e professionali fino ai sistemi di valutazione dei dirigenti”.
Cimo-Asmd è fortemente interessata alla questione ma ritiene che la stessa non possa prescindere da due condizioni: “L’atto medico ed il rapporto con le altre professioni sanitarie. Sia la bozza di accordo predisposta dal Ministero della Salute ma, soprattutto, il Patto per la Salute demandano ad accordi Stato-Regioni o a Decreti di Giunta Regionali l‘individuazione e l’attivazione di percorsi di ‘approfondimento professionalizzante’ che, tuttavia, entrano a “gamba tesa” sui percorsi diagnostico terapeutico assistenziali o sui processi clinico assistenziali”.
“Da qui l’esigenza, per il medico, di andare oltre la dirigenza prevedendo una categoria professionale speciale. In sintesi – ha concluso Quici – Cimo-Asmd ritiene che la riapertura di un tavolo contrattuale potrà essere oggetto di un confronto serio e costruttivo; tuttavia non è disponibile a firmare nessun accordo che penalizzi ulteriormente le condizioni giuridiche dei medici dipendenti del Ssn”.
30 dicembre 2013 – Quotidiano sanità