Adesso c’è anche una data. Il 13 gennaio prossimo, lunedì. È la data che nelle agendine dei giudici della Corte Costituzionale sarebbe già stata cerchiata con la penna rossa. Perché proprio in quella data la Consulta dovrebbe rendere note le motivazioni che stanno alla base della sentenza con cui, all’inizio del mese scorso, i giudici costituzionali hanno cancellato il Porcellum.
Partendo dall’incostituzionalità dei due aspetti principali della legge elettorale confezionata nel 2005 da Roberto Calderoli. E cioè il premio di maggioranza e le liste bloccate.
Tempi abbastanza stretti, insomma. Forse persino più stringenti di quanto non si pensasse. Col timer azionato dalla Consulta, sulla base di un conto alla rovescia di soli nove giorni a cominciare da oggi, che potrebbe rivoluzionare il dialogo sulla legge elettorale avviato da Matteo Renzi con la lettera inviata l’altro giorno ai leader degli altri partiti.
Ha indicato tre strade, il segretario del Pd. Il sistema spagnolo, che piace a un pezzo significativo di Forza Italia, a cominciare da Denis Verdini. Poi il Mattarellum corretto con un premio di maggioranza. E infine il modello del sindaco d’Italia, quel doppio turno di coalizione su cui s’è registrata anche l’apertura «tattica» di Angelino Alfano. Ma i tavoli di confronto bilaterali, su cui Renzi ha già incassato il disco verde di Silvio Berlusconi, possono essere rovesciati già dalle motivazioni che la Consulta renderà note il 13 gennaio.
Perché è vero, come sottolinea Cesare Mirabelli, che della Consulta è stato anche presidente, «che nella scelta di una nuova legge elettorale il Parlamento è sovrano». Ma è altrettanto vero, aggiunge, «che le Camere non potranno non tenere conto dei principi che la Corte Costituzionale fisserà nelle motivazioni della sentenza. Sia per quanto riguarda il premio di maggioranza, sia per quanto riguarda le liste bloccate». D’altronde, scandisce l’ex giudice costituzionale, «saranno principi che non ha inventato la Corte. Ma che sono contenuti nella Costituzione, da cui la Corte li deduce».
Non è una questione accademica. Al contrario, il dispositivo della Corte può scombinare il quadro dei rapporti tra i partiti sulle diverse bozze di riforma e, soprattutto, rafforzare il sistema dei veti incrociati che mette a rischio il «tavolone». Basti pensare al modello spagnolo, che piace a berlusconiani della vecchia guardia e non dispiace al Cavaliere. «La Corte ha bocciato il Porcellum anche sulla base delle liste bloccate. Ma non sappiamo se ha bocciato le lunghissime liste previste dal Porcellum oppure se l’idea di lista bloccata in sé», è la premessa di Stefano Ceccanti. «Ma se nella sentenza ci fosse una bocciatura totale dell’idea di lista bloccata», aggiunge il costituzionalista ed ex senatore del Pd, «la strada del modello spagnolo, che prevede delle piccole liste chiuse, diverrebbe a quel punto impraticabile». Con delle probabili ricadute sul fronte del dialogo tra Pd e Forza Italia. Una tesi che, però, non convince del tutto Mirabelli. Secondo cui «c’è una differenza evidente tra le lunghissime liste del Porcellum, che automaticamente portavano in Parlamento degli eletti secondo un ordine fissato dai partiti, e quelle dei collegi spagnoli».
Più semplice, invece, il rebus che riguarda l’aspetto del premio di maggioranza. «Già dall’annuncio della sentenza», spiega Ceccanti, «la Consulta ha lasciato intendere che non va bene un premio di maggioranza indeterminato, spropositato rispetto ai voti che, per esempio, le principali forze politiche hanno preso alle ultime elezioni. Le tre proposte di Renzi, invece, ne prevedono uno determinato. Compreso il sistema del sindaco d’Italia, che assegna il 55 per cento dei seggi solo a chi avrà superato il 50 per cento più uno dei voti». Ed è forse l’unico tassello a posto di un puzzle ancora da costruire. E che la data del 13 gennaio potrebbe complicare ulteriormente.
Tommaso Labate – Corriere della Sera – 4 gennaio 2014