da Doctornews33. «L’innalzamento a 68 anni dei limiti d’età pensionabile per i direttori di struttura era un provvedimento ininfluente. La rinuncia del governo a farlo approvare alle camere è comprensibile, ma è anche segno di debolezza verso l’Università: i medici universitari continuano a svolgere compiti di didattica, assistenza e ricerca fino a 70 anni mentre per i loro colleghi ospedalieri resta l’esodo a 65 anni».
Costantino Troise segretario Anaao Assomed è critico con il governo che voleva trattare la pensione dei medici Ssn in fase di conversione del decreto legge di riforma della Pubblica amministrazione, ma poi ha rinviato tutto all’autunno: «Si lavora con tasselli di un mosaico senza un disegno».
Oggi quando si può pensionare un dirigente medico dipendente Ssn?
«Il limite ordinamentale resta 65 anni o, dietro richiesta del soggetto, il compimento dei 40 anni di servizio effettivo, cioè al netto del riscatto degli anni di laurea, entro i 70 anni d’età. La legge 135 del 2008 ha introdotto per i manager la possibilità di mandare via prima i medici, una volta maturati i 40 anni di anzianità comprensivi del riscatto di laurea. Questa norma ha mandato in pensione 500-600 medici intorno ai 60 anni. Con la riforma della Pa i direttori di struttura non sono “rottamabili” dai manager al pari dei prof universitari e dei magistrati. L’ente può però chiedere l’uscita del medico che non dirige strutture e ha compiuto 65 anni; il medico può “fermare” la pratica se non ha maturato 40 anni di servizio effettivo nei quali non è incluso il periodo universitario; invece se ne ha 42, anche comprensivi degli anni d’università riscattati, può essere mandato via. Ci sono evidenti zone grigie che generano contenziosi».
Perché il governo parla di limite dei 65 anni e non fa riferimento alla legge Fornero che ora individua come limiti d’età 66 anni e 3 mesi per i maschi e 63 anni e mezzo per le femmine?
«In nome dello sblocco dell’occupazione giovanile, si pensa che per anticipare un’assunzione sia meglio esodare un “veterano” a 65 anni anziché 66 anni e mezzo, e un ricercatore universitario (anche medico) o un infermiere a 62 anni come un amministrativo. Devono però essersi resi conto che si acuivano le disparità con i docenti universitari e che un medico “richiesto” trova sbocchi nel privato, dove a volte si costruisce un’équipe competitiva mentre il posto da lui lasciato nel pubblico resta vacante».
Universitari “inesodabili”, infermieri in pensione a 62 anni, medici Ssn in mezzo: qual è la posizione di Anaao Assomed?
«Chiediamo flessibilità. In corsia molti medici vogliono andarsene, altri restare, l’età media dell’esodo è 63-65 anni e si alzerà perché chi entra oggi con il primo stipendio a 33-34 anni non riesce a riscattare la laurea e non può pensarsi fuori dal Ssn a 65 anni. Chiediamo poi di anticipare l’ingresso dei giovani nel Ssn. Da una parte, gli esodi forzati non creano lavoro né risparmi: solo un decimo dei 600 medici “rottamati” è stato rimpiazzato. Abbiamo calcolato che se si andasse tutti in pensione a 65 anni uscirebbero di qui al 2016 7-8 mila professionalità non tutte sostituibili, il cui esodo non costituirebbe d’altronde un volano occupazionale a fronte di un numero di nuovi specialisti insufficiente. E’ infine chiaro che non si può accettare che in corsia tutti i medici facciano un po’ didattica, assistenza e ricerca ma per chi è universitario valgano regole diverse e non si possa parlare di svecchiamento. Serve un ruolo unico per una categoria sola».
12 agosto 2014