Il Sole 24 Ore. I riflettori per il momento sono puntati sulla complicata navigazione delle riforme che stanno dividendo la maggioranza: dalla delega fiscale alla concorrenza passando per il Csm. Ma lungo le accidentate rotte parlamentari si sta muovendo anche l’ormai consueto convoglio formato da sei decreti legge. Che già nelle prossime ore è destinato ad allungarsi ulteriormente con altri quattro provvedimenti urgenti creando le condizioni per quello che si annuncia come l’ingorgo parlamentare di primavera. Un ingorgo nel quale dovrà trovare un non facile varco anche l’atteso Documento di programmazione economico finanziaria, che potrebbe essere presentato dal governo entro la fine di marzo, in anticipo sulla tradizionale scadenza del 10 aprile.
Ma in attesa di sapere come evolverà il quadro macroeconomico del Def per effetto del conflitto russo-ucraino e dell’impennata dei prezzi della materie prime con conseguente accelerazione dell’inflazione, e se palazzo Chigi tornerà sui suoi passi sotto il pressing dei partiti per un nuovo scostamento di bilancio, deputati e senatori si troveranno alle prese con i decreti di non facile gestione in rampa di lancio al prossimo Consiglio dei ministri. Anzitutto quello con le misure e gli aiuti contro il caro carburanti e il caro bollette. All’ordine del giorno c’è poi il cosiddetto decreto Pnrr-2 con nuove semplificazioni. Un “bis” è in arrivo anche con il nuovo decreto Ucraina, in cui saranno inseriti anche interventi per l’afflusso e la collocazione dei profughi. Il quarto Dl in agenda fa parte del filone Covid e sarà chiamato a disciplinare la fase successiva alla fine dello stato d’emergenza, che si esaurirà il 31 marzo.
Quattro veicoli che dovranno trovare strada nei già trafficati percorsi di Montecitorio e Palazzo Madama. Al Senato sono in corso in commissione Bilancio anche sedute notturne sul Dl Sostegni ter, che scade il 28 marzo e che in corsa ha assorbito anche le norme urgenti per riattivare la cessione multipla dei crediti edilizi con condizioni e la revisione della misura sugli extraprofitti per ridurre il caro bolletta. Se su questo provvedimento è nel vivo la partita sugli emendamenti, altrettanto non si può dire per il decreto sul contrasto della peste suina, che è al vaglio delle commissioni Agricoltura e Sanità di palazzo Madama: in questo caso il termine per la presentazione dei ritocchi scade oggi.
Alla Camera invece è arrivato ieri in Aula il decreto legge con i primi interventi urgenti collegati alla crisi in Ucraina, a partire dal rafforzamento della presenza italiana in ambito Nato nel quadrante Est dell’Europa. In questo provvedimento è confluito l’altro decreto con gli aiuti militari al governo di Kiev per difendere la popolazione. A Montecitorio, ma nelle commissioni Ambiente e Attività produttive, c’è anche il l’ultimo decreto bollette, che scade il 30 aprile. E nel corso dell’esame sono state formulate alcune indicazioni, come il taglio delle accise sulla quota di aumenti dei prezzi dei carburanti, che potrebbero essere utili per il nuovo decreto “aiuti” in arrivo.
Ma il capitolo degli interventi straordinari per arginare l’emergenza energetica si chiuderà soltanto con il varo, probabilmente prima della fine del mese, di un altro decreto con cui dovranno essere recepite le decisioni che saranno prese nelle prossime ore a Bruxelles, anche sulla scia delle priorità individuate nel vertice di Versailles. E questo Dl, che potrebbe essere varato con una tempistica simile a quella del Def, andrà ad ingrossare ulteriormente il fiume si misure urgenti che sta inondando il Parlamento.
L’esplosione della pandemia e ora la necessità di affrontare l’emergenza legata alle ripercussioni sull’economia del conflitto russo-ucraino, a cominciare dal caro energia (già in atto prima dello scoppio della guerra) e delle materie prime in genere, hanno indotto palazzo Chigi ad azionare con sempre maggiore frequenza la leva della decretazione d’urgenza. Dall’inizio della legislatura sono stati varati ben 134 decreti legge: 4 dall’esecutivo Gentiloni, 26 dal “Conte I”, 54 dal “Conte II” e 50 dal governo Draghi.
In tutto ne sono stati convertiti in legge, con modifiche, 88 e in 50 casi il governo è ricorso alla fiducia. Cospicua la fetta di provvedimenti urgenti che non ha tagliato il traguardo del via libera parlamentare: 33 decreti risultano decaduti. E soprattutto su questo nutrito numero di provvedimenti si sono concentrate le critiche di parlamentari e costituzionalisti. Critiche che in particolare hanno messo nel mirino la quota, non trascurabile, di questi Dl che è stata trasformata nei cosiddetti “decreti minotauro”, quei Dl che vengono abrogati prima della scadenza e che poi vedono confluire le loro misure in norme successive. Un fenomeno finito a Montecitorio sotto la lente del Comitato per la legislazione. Ma anche la possibilità di deputati e senatori appare sempre più limitata e non solo per l’utilizzo dello strumento della fiducia da parte del governo.
Degli 88 decreti convertiti, appena 4 sono stati modificati da entrambe le Camere (con 3 passaggi parlamentari). Una sorta di prassi destinata a ripetersi anche con i 4 nuovi decreti in rampa di lancio. Anche se la stessa maggioranza sembra pronta a dare battaglia. Palazzo Chigi ne è consapevole. Anche perché il precedente del decreto Milleproroghe, con il governo andato sotto quattro volte in Commissione, è stato qualcosa di più di un semplice campanello d’allarme.