Fosse per il governatore Luca Zaia, gli ex amministratori regionali finiti a processo e con pena passata in giudicato non dovrebbero percepire il vitalizio. Ogni riferimento al suo predecessore Giancarlo Galan è puramente casuale, in quanto il presidente della Regione ha precisato di parlare «non per qualcuno in particolare ma per tutti in generale», ieri sera ad Xnews su Antennatre. Ma tant’è, questa è l’opinione del presidente, inaspettatamente netta considerata la sua consueta ritrosia a commentare le inchieste giudiziarie che toccano Palazzo Balbi.
Intervistato da Domenico Basso direttore di Antennatre, Giorgio Gasco del Gazzettino e Alessandro Russello direttore del Corriere del Veneto, Zaia ha spiegato i motivi della sua abituale riluttanza in proposito. «Ho sempre pensato – ha premesso il governatore – che i processi vadano celebrati in tribunale e non per strada. E questo vale pure per gli esponenti del centrosinistra coinvolti nella stessa vicenda (l’inchiesta Mose, ndr), perché ritengo che farlo sarebbe meschino anche per l’istituzione che rappresento. Magari a parti invertite avrei una reprimenda pubblica da Galan tutti i giorni, ma io non lo faccio lo stesso: chi sbaglia deve vedersela con la giustizia e io non sono un giudice». Detto questo il presidente della Regione ha accettato di rispondere all’interrogativo che Russello ha posto rappresentando gli umori di parte della politica e del web: è giusto che Galan, dopo aver patteggiato per il reato di corruzione, riceva il vitalizio dalla Regione? Domanda più di sostanza politica che di forma giuridica, dato che la legge non prevede tale sanzione. E la risposta è stata, appunto politicamente, insolitamente forte. «Sono convinto – ha sottolineato il governatore – che l’applicazione della norma dovrebbe avvenire a tutti i livelli, interpretando la legge Severino in maniera estensiva, per quanto sia consapevole che il patteggiamento è un concetto giuridicamente dibattuto quando si ragiona se si tratti o no di un’ammissione di colpevolezza. Ma credo che non possa percepire il vitalizio chi ha avuto una pena definitiva, tanto più perché sono convinto che i vitalizi non debbano più esistere proprio per nessuno. Chi fa politica pensando di avere la pensione a 65 anni, secondo me è fuori dal mondo». Dentro il palazzo hanno invece dimostrato di annidarsi fenomeni di varia corruzione. «Quando, appena insediato presidente del Veneto, mandai una lettera ai miei collaboratori invitandoli a non ricevere nessuno al di fuori degli uffici regionali – ha ricordato Zaia – feci la figura del “mona”. Ci sono delle regole di legalità che effettivamente possono essere male interpretate. Ma resto dell’idea che chi ha regolato i conti con la giustizia non possa poi venire a lavorare tranquillamente come prima. La legge italiana non ci permette di licenziare dipendenti della Regione coinvolti in vicende giudiziarie. Dovremmo avere leggi più incisive».
Un finale lieto è invece quello che il governatore ha affermato di aspettarsi per l’indipendentismo veneto. O meglio, nella sua visione, per l’autonomismo: «Se tu sei indipendentista dici: abbiamo chiuso con Roma. Poi fai armi e bagagli e vai via. Se sei autonomista invece dici: nove decimi di tasse sul territorio, come a Trento e a Bolzano. Ecco, annuncio che su questo vogliamo confrontarci con il governo centrale. Presenterò dopo il 9 novembre una road map per l’autonomia/indipendenza per coinvolgere i veneti nel lungo percorso verso l’indipendenza, che passa però per l’autonomia, uno snodo che può rappresentare una via d’uscita per Roma, se troverà il coraggio di riconoscere a noi quello che ha già riconosciuto a Trento e Bolzano». Per allora Zaia conterebbe di essere di nuovo presidente della Regione. «Accetterò la ricandidatura alle Regionali 2015 – ha puntualizzato – solo se vedrò che saranno garantiti cinque anni di buon governo da una squadra valida. La mia campagna si baserà semplicemente sul lavorare tanto. Non perdiamo sei mesi a chiacchierare di politica».
Angela Pederiva – Il Corriere del Veneto – 11 ottobre 2014