«Avevamo ragione noi e siamo riusciti a spezzare una logica giuridica ingiusta e penalizzante. E’ illegittimo l’articolo 5 bis del decreto legge 138 del 2011, relativo a misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, poi convertito in legge 148/2011, attraverso il quale il governo assicurava ingiustamente a cinque Regioni meridionali – Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – di poter effettuare degli investimenti sforando il tetto del patto di stabilità a danno delle Regioni più virtuose. Ne consegue che anche la legge di stabilità 2012 dello Stato è in parte illegittima». E’ il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, a commentare con soddisfazione la sentenza numero 176 del 2 luglio scorso
Con cui la Corte Costituzionale ha accolto i ricorsi promossi distintamente da tre Regioni (oltre al Veneto, la Toscana e la Sardegna).
Riconoscendo che la norma dello Stato lede le loro prerogative, «con specifico riguardo all’autonomia finanziaria, poiché la disposizione impugnata comporterebbe un aggravio del proprio bilancio ed una conseguente rimodulazione più onerosa dei rispettivi patti di stabilità».
«Eravamo assolutamente convinti delle nostre ragioni – afferma con soddisfazione il presidente veneto Luca Zaia –, perché era parsa da subito incostituzionale, oltre che priva di ogni e qualsiasi logica di buon senso, la scelta del governo di far pesare su chi amministra con correttezza, lungimiranza e responsabilità, il lassismo e le inefficienze di talune Regioni». La Regione del Veneto, nel novembre 2011, aveva impugnato vari articoli del decreto legge 138, sostenendo che in particolare il 5 bis, aveva solo apparentemente lo scopo di predisporre strumenti di sviluppo territoriale tali da attuare una perequazione finanziaria tra le Regioni, ma di fatto introduceva un meccanismo di finanziamento indiretto a destinazione vincolata tale da favorire proprio quelle meno virtuose, consentendo loro di eccedere in termini di competenza e di cassa i limiti di spesa fissati dalla normativa.
«Ciò avrebbe significato – spiega Zaia – che le Regioni come il Veneto, proprio per aver tenuto, nel pieno rispetto delle leggi, in perfetta regola i propri conti, non solo non avrebbero beneficiato in alcun modo del finanziamento indiretto, ma avrebbero addirittura dovuto contribuire ai maggiori oneri determinati da tale meccanismo, a tutto vantaggio di chi i propri i conti non ha voluto o saputo tenerli. In sintesi, sarebbe stato il danno e la beffa”. E tutto ciò in assoluto spregio, aveva rilevato il Veneto nel ricorso che la Corte Costituzionale ha ritenuto fondato, del principio della piena responsabilità finanziaria di ciascun ente in relazione alle funzioni di cui è titolare, sancito dall’articolo 119 della Costituzione, che prevede solo due ipotesi di perequazione, ma entrambe a carico dello Stato.
11 luglio 2012 – riproduzione riservata